Alla fine del 1997 alcuni NAS (i nuclei antisofisticazione dei carabinieri) sequestrarono in tutta Italia vari prodotti che contenevano biocidi. Come è finita la questione legale?
Pubblichiamo la sentenza di condanna di un’azienda del settore

A CURA DELLA REDAZIONE

LA CRONACA

I sequestri, iniziati a Udine ed estesi a macchia d’olio su tutto il territorio nazionale, erano fondati sulla contestazione della mancata applicazione ai prodotti antitarlo della prevista autorizzazione del Ministero della Sanità, richiesta su tutti i presidi medico-chirurgici e quindi anche sui biocidi contenuti negli impregnanti. In pratica questi prodotti, prima di essere immessi sul mercato devono ottenere una specifica autorizzazione, sulla base della presentazione di una completa documentazione sui possibili effetti delle sostanze sull’uomo e sull’ambiente. Furono eseguite azioni di sequestro di prodotti presso i rivenditori e in alcuni casi i controlli arrivarono direttamente nelle sedi delle aziende produttrici. Le imprese coinvolte furono una ventina e, nei casi di sequestro della merce, si arrivò addirittura al blocco del magazzino.

LA SENTENZA

Abbiamo avuto copia della sentenza di condanna da una delle aziende che subirono il sequestro della merce. La pubblichiamo integralmente omettendo nomi e località che consentirebbero di individuare il “colpevole”, in quanto riteniamo del tutto inutile esporre al pubblico ludibrio l’unica azienda che ha avuto il coraggio di farci sapere l’esito della vicenda. L’unica cosa importante é conoscere la sentenza definitiva, in modo da valutare quali saranno le conseguenze sugli utilizzatori.

IL DECRETO PENALE DI CONDANNA

Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale civile e penale di XXX, letti gli atti del procedimento iscritto nel registro delle notizie di reato, esaminata la richiesta del Pubblico Ministero con la quale si chiede l’emissione di decreto penale di condanna nei confronti di XXX, imputato del reato di cui all’art. 189 RD 1265/34 perché, in qualità di legale rappresentante del Colorificio XXX, poneva in commercio presso la filiale di XXX presidi medico-chirurgici quali prodotti insetto repellenti assimilabili agli insetticidi ed in particolare solvente impregnante, in assenza di registrazione ministeriale. Ritenuto che il reato è procedibile d’ufficio a querela e che la responsabilità dell’imputato emerge agevolmente allo stato degli atti e che deve applicarsi soltanto la pena pecuniaria; che la pena pecuniaria, richiesta dal Pubblico Ministero nella misura di L. 575.000 di ammenda appare equa; visto l’art. 460 c.p.p. P.Q.M. in ordine al reato di cui sopra, alla pena di L. 575.000 di ammenda. –> (q.b. gg 5 arr. E L. 200.000; convertita la pena detentiva). Confisca e distruzione di quanto in sequestro. La non menzione consegue per legge (art. 689 n. 5 c.p.p. come modificato dall’art. 37/5°c. L. 479/99). Avverte che il decreto penale di condanna non comporta la condanna al pagamento delle spese di procedimento, né l’applicazione di pene accessorie. Esso, anche divenuto esecutivo, non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo. Il reato è estinto se nel termine di 5 anni, quando trattasi di delitto, ovvero di due anni, quando trattasi di contravvenzione, l’imputato non commette un delitto, ovvero una contravvenzione della stessa indole; in questo caso si estingue ogni effetto penale e la condanna non è, comunque, di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione della pena (art. 460/5°c. c.p.p.).

LE CONSEGUENZE PER GLI UTILIZZATORI

Non staremo a riscrivere le complesse argomentazioni che hanno contrapposto il Ministero della Sanità e AVISA (l’associazione dei produttori di vernici, aderente a Federchimica): gli appassionati della materia potranno trovare tutte le argomentazioni sul numero 23 di “Professione Verniciatore”. Ci interessa invece segnalare che quello che appare come un freddo e cavilloso dibattito per avvocati, é in realtà una questione molto importante per coloro che usano i prodotti per la protezione del legno. Finora in Italia c’é stata poca chiarezza sulle reali prestazioni dei prodotti antitarlo e fungicidi: mancando qualsiasi tipo di controllo, ogni produttore poteva dichiarare di aver inserito nell’impregnante le giuste dosi del giusto protettivo, anche senza averne messo una goccia; se però l’utilizzatore, facendo analizzare l’impregnante, ne avesse verificato la mancanza di efficacia avrebbe almeno potuto denunciare il fornitore per truffa. Dopo i sequestri e le sentenze di condanna, molte aziende fornitrici hanno tolto dalle etichette e dalle schede tecniche ogni riferimento all’effetto biocida degli impregnanti, per cui se qualcuno approfittasse dell’occasione per togliere anche i protettivi dalla formulazione non dovrebbe neanche temere di aver dichiarato il falso!

LA DIRETTIVA EUROPEA

Il problema potrà avere una soluzione chiara e trasparente non appena si vedranno gli effetti della Direttiva europea che regola la materia. Sul supplemento ordinario alla “Gazzetta Ufficiale” n. 149 del 28 giugno 2000 – n. 101/L è stato infatti pubblicato il Decreto Legislativo 25 febbraio 2000, n. 174 “Attuazione della direttiva 98/8/CE in materia di immissione sul mercato di biocidi”, che interessa il nostro settore in quanto stabilisce le regole per l’impiego dei biocidi negli impregnanti per serramenti e legno per esterni. La normativa stabilisce che l’introduzione sul mercato di un biocida sia opportunamente regolamentata (art. 3) e il richiedente presenti una domanda di autorizzazione al Ministero della Sanità, allegando idonea documentazione tecnica, così come specificato dall’art. 9. Inoltre, obbliga a fornire una dettagliata scheda informativa di sicurezza, che comprenda, tra l’altro, le misure di tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente, in ottemperanza alle vigenti normative in materia di sicurezza. L’etichetta sulla confezione disponibile al pubblico non deve essere ingannevole, né amplificare gli effetti del prodotto. Sulle confezioni vengono specificate le informazioni circa caratteristiche, modalità di utilizzo, cautele nell’uso, interventi di rimozione e, nel caso di agenti microbiologici, le misure di sicurezza previste dal Lgs. 626. Ogni annuncio pubblicitario relativo ad un biocida sarà accompagnato dalla dicitura “Usare i biocidi con cautela. Prima dell’uso leggere sempre l’etichetta e le informazioni sul prodotto”, chiaramente distinguibile rispetto al resto dell’annuncio pubblicitario. Sia nell’etichetta, che nel messaggio pubblicitario è vietato utilizzare diciture quali “biocida a basso rischio”, “non tossico”, “innocuo” o indicazioni analoghe, comportanti una sottovalutazione degli effetti potenziali del prodotto da parte dell’utilizzatore. E‘ sanzionato chiunque immetta sul mercato un biocida senza autorizzazione o uno a basso rischio senza la registrazione prescritta dal decreto; analoga sanzione viene applicata nel caso di mancata o non corretta osservanza degli adempimenti.

L’ITER AUTORIZZATIVO

La norma prevede:
l’obbligo di autorizzazione per l’immissione sul mercato di un biocida. Il richiedente presenta la domanda di autorizzazione, corredata dal fascicolo tecnico completo, al Ministero della Sanità, il quale comunicherà, sentito il Ministero dell’Ambiente per gli aspetti e valutazioni di propria competenza, le decisioni in merito a quanto presentato, entro 12 mesi dalla richiesta.
l’obbligo della sola registrazione per l’immissione sul mercato di un biocida non pericoloso.
Il richiedente presenta la domanda di registrazione, corredata dal fascicolo tecnico completo, al Ministero della Sanità, il quale risponderà, sentito il Ministero dell’Ambiente per gli aspetti e valutazioni di propria competenza, entro 60 giorni dalla data della richiesta. Se in sede di valutazione dei fascicoli risultano necessarie informazioni supplementari per completare l’istruttoria, il termine è sospeso a partire dalla data della richiesta di informazione aggiuntive fino al momento in cui l’autorità stessa riceve quanto richiesto. Di questa circostanza viene data comunicazione alla Commissione Europea e agli altri Stati membri dell’Unione Europea, i quali riceveranno, al termine dell’istruttoria, il rapporto di valutazione conclusivo. Non necessitano di autorizzazione, né registrazione, i biocidi già inseriti nell’apposito elenco stilato in sede comunitaria (in applicazione delle procedure di cui agli articoli 27 e 28 della direttiva n. 98/8/CE), mentre non è consentito il rilascio dell’autorizzazione per un biocida classificato a norma del D. Lgs. 16 luglio 1998, n. 285 (“Attuazione di direttive comunitarie in materia di classificazione, imballaggio ed etichettatura dei preparati pericolosi”) come “tossivo” o “molto tossico”, “cancerogeno di categoria 1 o 2”, “mutageno di categoria 1 o 2” o “tossico per la riproduzione di categoria 1 è 2”. L’autorizzazione è concessa per un periodo di dieci anni, decorso il quale può essere richiesto il rinnovo, previa verifica della permanenza delle stesse condizioni di cui alla prima richiesta; l’autorità competente può effettuare verifiche anche durante il periodo per il quale è stata concessa l’autorizzazione. Il provvedimento prevede, comunque, un periodo transitorio, durante il quale il Ministero della Sanità, per un lasso di tempo di dieci anni, decorrente dal 14 maggio 2000, può applicare la precedente normativa e autorizzare in via provvisoria l’immissione sul mercato di biocidi contenenti principi attivi non ancora compresi negli elenchi europei, qualora si trovino sul mercato alla predetta data quali principi attivi di un biocida per scopi diversi da quelli della ricerca e sviluppo scientifici e di processo. Successivamente, sulla base delle decisioni europee di inclusione o meno nell’elenco delle sostanze note, il Ministero della Sanità revoca o modifica, a seconda dei casi, le autorizzazioni o le registrazioni.

BIOCIDI CERTIFICATI

Egregio dott. Offredi,
ho letto con molta attenzione la sua risposta a Marco Pizzi, della Pizzi Serramenti, apparsa sul numero di maggio della sua rivista. Considero il suo lavoro lodevole perché ha sempre offerto ai lettori di Professione Verniciatore del Legno informazioni precise e comprensibili. Per questo motivo vorrei fare alcune precisazioni sull’articolo sopra menzionato, nel quale ritengo ci siano alcune imprecisioni. La prima riguarda quanto da lei affermato quando parla dell’azione fungicida degli impregnanti e quindi delle prestazioni dei biocidi: “non esiste ancora nessuna certificazione di prodotto che ne garantisca la presenza nel barattolo di vernice, e nessuno negli ultimi venti anni ha fatto alcun test in proposito”. Questa affermazione non è vera; devo infatti farle presente che Adler, da molti anni, non solo ha testato tutti i suoi prodotti, ma li ha fatti anche certificare. Come ben sanno i nostri clienti, l’impregnante Adler “Aquawood Tauchimpräniergrund” è certificato per la sua azione fungicida dal “Gruppo di lavoro protettivi per il legno” dell’associazione dell’industria chimica austriaca. Questo istituto di ricerca, sulla base degli esami eseguiti, certifica che l’impregnante Adler preserva il legno dall’azione di degrado dovuta ai funghi della marcescenza e dell’;azzurramento, secondo le normative europee EN 113 ed EN 152 La procedura di certificazione che prevede due analisi distinte – una eseguita sul principio attivo utilizzato, l’altra sul prodotto formulato – può essere riassunta nelle seguenti fasi.
Analisi tossicologica e chimica del principio attivo, in cui si analizza il principio attivo e cioè i biocidi che vengono utilizzati nella formulazione del prodotto. L’analisi tossicologica, eseguita presso il centro di ricerca Seibersdorf o dall’istituto di medicina legale dell’università di Innsbruck, ha lo scopo di valutare la tossicità dei biocidi nei confronti dell’uomo e, naturalmente, dovrà dare esito negativo. I biocidi non devono essere nocivi per l’uomo, ma essere efficaci contro i funghi. Viene quindi analizzata dall’istituto austriaco per la ricerca sul legno dell’associazione dell’industria chimica austriaca l’efficacia biologica dei principi attivi.
Analisi del prodotto formulato, che consiste in un’accurata verifica della documentazione tecnica e nell’analisi del prodotto formulato. Attraverso l’analisi delle schede di sicurezza e le schede tecniche viene quindi verificato che le informazioni tossicologiche del prodotto siano conformi a quelle ottenute dall’analisi iniziale sui principi attivi. Si procede quindi con l’analisi sull’efficienza biologica del prodotto formulato, secondo quanto previsto dalla normativa Europea EN 113 ed EN 152 (ricordiamo che la EN 113 si riferisce all’efficacia del prodotto contro i funghi della marcescenza, mentre la EN 152 riguarda l’esame micologico relativo all’efficacia contro i funghi dell’azzurramento).
Verifica dei risultati e rilascio della certificazione di prodotto, che avviene solo se le analisi svolte danno un esito favorevole. La commissione esaminatrice dell’istituto austriaco per la ricerca sul legno dell’associazione dell’industria chimica austriaca rilascia quindi la certificazione di prodotto. La procedura prevede però anche un prelievo annuale di prodotto sul mercato, per verificare che non venga modificato e che sia sempre uguale nel tempo a quello certificato.

L’impregnante della Adler ha ottenuto il certificato n° 5/93 valido fino al 30 giugno 2001 prorogato al 31 dicembre 2001, come risulta dal “Registro austriaco protettivi del legno”. Quanto da lei affermato non è quindi corretto, in riferimento ai prodotti Adler, che, come sempre antepongono la qualità al prezzo. La seconda considerazione che vorrei fare riguarda i motivi per i quali le aziende non fanno certificare i loro prodotti: non si tratta a mio parere di “una pura questione economica” come lei sostiene. Il prezzo richiesto da un istituto di ricerca per certificare un prodotto è infatti sostenibile da qualsiasi produttore di vernici; per farle un esempio il Catas Quality Award costa circa 12 milioni di lire. Ritengo che la certificazione di prodotto non debba essere vista come un costo aziendale, bensì come un’opportunità per dimostrare con trasparenza e obiettività la qualità dei propri prodotti a tutela del consumatore. Forse non tutti hanno compreso l’importanza delle certificazioni ed è per questo che molte aziende al massimo si limitano a far eseguire dei semplici rapporti di prova che, come lei ben sa, contengono delle informazioni oggettive su una specifica caratteristica della vernice (es. permeabilità al vapore secondo EN 927) eseguite su un campione che fornisce il produttore. La Certificazione di Prodotto è invece molto più autorevole in quanto:

  • il prodotto viene prelevato direttamente dall’Istituto esaminatore presso l’azienda produttrice, oppure direttamente sul mercato; in questo modo si ha la certezza che il prodotto esaminato sia uguale a quello che utilizza il consumatore
  • l’applicazione viene fatta dai tecnici dell’Istituto, seguendo le indicazioni delle schede tecniche, simulando quindi quello che farà l’utilizzatore
  • per avere una valutazione globale le prove vengono fatte in base ad una serie di parametri e non su una singola prova
  • l’Istituto esaminatore continua a prelevare il prodotto ed a eseguire le prove con una certa periodicità durante l’anno, in modo da controllare che il prodotto venduto non sia mai di qualità inferiore a quello che ha ottenuto la certificazione.

Certificazioni di prodotto e rapporti di prova sono due cose molto diverse. Spero che queste mie brevi considerazioni potranno essere di aiuto per chiarire l’argomento.

Dott. Alessandro Marchi §
CSB F.LLI STRAUDI S.p.A.
Divisione ADLER

Prendo atto volentieri delle utili puntualizzazioni, precisando che scrivendo “non esiste ancora nessuna certificazione di prodotto che garantisca la presenza dei biocidi nel barattolo di vernice”, mi riferivo a certificazioni italiane. Il fatto che ne esistano a livello europeo non può che farmi piacere e dando spazio alle argomentazioni del Dr. Marchi credo di aver colmato la lacuna informativa.
Rimane il fatto che in Italia “nessuno negli ultimi venti anni ha fatto alcun test sull’efficacia dei biocidi presenti negli impregnanti diffusi sul mercato”, in quanto l’unico laboratorio attrezzato per farle (l’Istituto di ricerca sul legno di Firenze), non ha purtroppo le risorse umane necessarie, per cui, se escludiamo l’impregnante “Aquawood Tauchimpräniergrund” che, secondo quanto ci è stato comunicato, viene tenuto sotto controllo dal “Registro austriaco protettivi del legno”, nulla sappiamo sulla quantità e la qualità dei biocidi presenti nelle centinaia di prodotti esistenti sul nostro mercato.

Pierluigi Offredi