carboni attivi a letto fisso

La scelta di un impianto di depurazione prevede la valutazione di parametri operativi, di design e di caratteristiche costruttive necessarie a garantire l’efficienza richiesta: come valutare un impianto con carboni attivi a letto fisso?

Egr Direttore,
chiediamo a lei, che è stato Coordinatore del GL 7 della Commissione ambiente UNI, un chiarimento interpretativo relativamente ad alcuni contenuti della norma UNI 11304-2, che definisce i requisiti minimi prestazionali di progettazione degli impianti di trattamento delle sostanze organiche volatili, emanata nel settembre 2008.
Nel capitolo 5 (Requisiti minimi progettuali) e nel prospetto 2 (Requisiti minimi per impianti di adsorbimento su carboni attivi) si rileva che alcuni parametri di dimensionamento (velocità di attraversamento, tempo di contatto) presentano requisiti minimi differenziati per la tipologia “letto fisso” e “letto sottile”.
Non avendo ritrovato nella letteratura di settore la definizione di “letto sottile”, vorrei avere indicazioni, nonché eventuali riferimenti bibliografici, circa tale fattispecie: se sia ascrivibile esclusivamente ad una specifica disposizione dei carboni attivi (ad esempio cartucce), oppure se possa essere ricondotta anche ad un letto che abbia spessore inferiore a 500 mm, ma superiore ai 25 mm.
Inoltre vorrei sapere se la scelta da parte del progettista di un impianto con “letto fisso” oppure con “letto sottile” debba essere legata allo specifico processo produttivo, oppure ad input di concentrazioni più o meno elevate, ed in caso affermativo se possiate fornirci i riferimenti bibliografici dove si possano ritrovare questi range.
La modulistica per la presentazione delle istanze di autorizzazione alle emissioni in atmosfera in uso presso la scrivente Amministrazione, reca uno specifico riferimento al rispetto dei requisiti della suddetta norma: tuttavia nella disamina istruttoria inerente alcune cabine di verniciatura, è emersa la scelta da parte del progettista di dotare tali cabine di un presidio di abbattimento a carboni attivi disposto nella pavimentazione della cabina stessa, con pannelli non sovrapposti, di spessore circa 3 cm.
Tale disposizione assumerebbe pertanto la conformazione di un letto, tuttavia lo spessore dello stesso non consente di individuarlo nella fattispecie “letto fisso”, ma in quella “letto sottile”, e non sono rispettati i parametri sopra richiamati per la disposizione “letto fisso” (tempo di contatto > 1.5 s; velocità di attraversamento [0.1-0.35 m/s]).

Giuseppe D’Agostino
Responsabile Ufficio per il controllo delle emissioni atmosferiche da impianti industriali
Città Metropolitana di Torino, area risorse idriche e qualità dell’aria
Servizio qualità dell’aria e risorse energetiche

Il quesito è molto tecnico, per cui mi sono avvalso della collaborazione dei tecnici delle aziende che fanno parte del Gruppo Uniaria (Unione costruttori impianti depurazione aria), che hanno collaborato alla stesura della norma UNI citata.
Premesso che l’obbiettivo della norma è quello di fornire i parametri minimi da applicare nella progettazione di un sistema di abbattimento, è evidente che essa non può sostituire la progettazione, che prevede la definizione di parametri operativi, di design e di caratteristiche costruttive necessarie a garantire l’efficienza richiesta, con frequenze e costi di manutenzione dichiarati e tecnicamente fondati.

Carboni attivi a letto fisso e a strato sottile

Ciò detto, è bene sottolineare che un adsorbitore a strato sottile non può che rientrare nella categoria a letto fisso: la norma infatti riguarda esclusivamente adsorbitori a letto fisso, di cui lo strato sottile rappresenta una sottocategoria. Poiché l’altezza del letto per lo strato sottile deve essere maggiore di 25 mm e quello per il letto fisso deve essere maggiore di 500 mm, è evidente che lo strato è considerato sottile fra 25 e 500 mm, ma la scelta di dimensionare il letto con uno spessore di 30 mm non significa certo che i parametri dimensionali e prestazionali siano stati correttamente valutati.
La D.g.r. 30 maggio 2012 – n. IX/3552 “Caratteristiche tecniche minime degli impianti di abbattimento per la riduzione dell’inquinamento atmosferico derivante dagli impianti produttivi e di pubblica utilità, soggetti alle procedure autorizzative di cui al d.lgs. 152/06 e s.m.i. – Modifica e aggiornamento della d.g.r. 1 agosto 2003 – n. 7/13943, è stata pubblicata dalla Regione Lombardia il 5/6/12 e le schede con i requisiti degli impianti di depurazione sono state in parte riprese anche nel DPR del 13/3/2013, n. 59, che disciplina l’autorizzazione unica ambientale e la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale per le piccole e medie imprese e sugli impianti non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale, a norma dell’articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35.
Alla stesura delle schede ha collaborato sia il sottoscritto in in veste di Coordinatore del GL 7 della Commissione ambiente UNI, sia il Gruppo Uniaria.
La D.g.r. ha introdotto una serie di requisiti, applicati in seguito in varie Regioni italiane, tra cui alcune indicazioni sulla superficie specifica del carbone, l’altezza del letto, capacità operativa del carbone, oltre all’obbligo di installazione di sistemi di controllo e registrazione della frequenza di sostituzione dei carboni).
A questo proposito segnalo che la scheda AC.RE.02, inserita nella citata D.g.r., specifica che l’altezza del letto di carbone deve essere almeno 10 volte il diametro dei cilindretti ed è noto che la tipologia di carbone attivo più reperibile e comunemente utilizzata è quella con diametro di 3 mm, il che spiega i motivi della scelta di utilizzo da parte di alcuni costruttori di pannelli con spessore di 30 mm.
E’ evidente però che, con un tempo di contatto di 0,05 s, l’efficienza di abbattimento con un carbone da 3 mm può essere al massimo del 50% (con carboni nuovi), che tenderà a scendere molto rapidamente con l’utilizzo.
In conclusione, lo strato sottile può avere un senso quando lo scopo è trattare emissioni a concentrazioni bassissime (più che altro per limitare l’impatto olfattivo), oppure per il trattamento di emissioni da macchine o impianti con utilizzo estremamente saltuario.

Pierluigi Offredi
Coordinatore del GL 7 della Commissione Ambiente UNI

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