Vernice recupero

Alcuni lettori ci hanno chiesto informazioni sulla tecnologia denominata Electron Beam Curing, che viene applicata per la finitura di pannelli truciolari o di MDF

A CURA DELLA REDAZIONE

INTRODUZIONE

Il processo di trattamento di un materiale mediante irraggiamento con radiazioni ionizzanti a bassa energia denominato Electron Beam Curing (EBC) viene utilizzato in vari settori:

  • rivestimenti su carta, per ottenere effetti decorativi e protettivi e come base per successive nobilitazioni
  • inchiostri e vernici da stampa, in particolare nel settore dell’imballaggio alimentare
  • vernici per legno nel settore pannelli e parquet
  • reticolazione di polimeri utilizzati per fili e cavi di isolamento, film da imballaggio e termoretraibili.

In tutte queste applicazioni si evidenziano i vantaggi produttivi ed ecologici del sistema, per l’assenza di emissioni nocive nell’ambiente e per l’elevatissima velocità di processo, che permette di raggiungere in molti casi velocità di produzione di 600 m/min, con impianti di dimensioni estremamente compatte. Le prime applicazioni nel settore legno risalgono all’inizio degli anni settanta in Olanda e Belgio per la verniciatura di porte e pannelli, che utilizzavano impianti del tipo “vault”nei quali l’acceleratore (del tipo a scansione) era contenuto in una camera di cemento, per isolare l’ambiente dai raggi X; ciò comportava grandi ingombri e scarsa praticità del sistema. Successivamente entrarono in produzione alcuni impianti negli Stati Uniti, dove vennero utilizzate macchine del tipo “self shielded”, di dimensioni molto più contenute rispetto alle precedenti. Veniva adottato il sistema a catodo lineare e si potevano sviluppare sistemi con larghezza di lavoro molto maggiore (fino a 3 metri), limitando gli ingombri con l’adozione di protezioni di piombo sui nastri trasportatori prima e dopo l’acceleratore. Queste esperienze di trattamento di pannelli truciolari o di Mdf con vernici lucide o opache, hanno costituito la base di partenza per lo sviluppo ulteriore della tecnologia verso gli impianti di alta produttività che si sono realizzati o sono in fase di completamento negli anni recenti. Dagli inizi degli anni novanta sono sorte in Europa alcune linee produttive con tecnologia Electron Beam Curing per varie applicazioni, quali ad esempio parquet, profili pannelli sottili, pannelli Mdf e truciolari. Queste nuove esigenze hanno costituito una sfida per i produttori degli impianti e delle vernici, per poter risolvere i problemi legati alle diverse forme dei supporti da movimentare e alle richieste estetiche e protettive del prodotto verniciante.

VERNICIATURA DELL’MDF

L’impianto di verniciatura per pannelli truciolari o Mdf di diverse dimensioni (principalmente quelle tipiche delle presse di produzione, a stadi o continue), serve per ottenere elementi da utilizzare come componenti nell’industria del mobile e dell’arredamento.

I requisiti fondamentali sono i seguenti:
– velocità produttive molto elevate, in pratica le massime consentite dalle problematiche di movimentazione di pannelli, che possono raggiungere un peso di 250 Kg
– rispetto rigoroso delle normative vigenti e future sulle emissioni atmosferiche, con l’eliminazione completa dei solventi dalle vernici
– massimi livelli qualitativi di prodotto finito, rispondenti alle più severe norme internazionali.
Per raggiungere il massimo standard qualitativo, é necessario curare lo stadio di preparazione del pannello (levigatura e stuccatura) evitando microdifetti (puntinature, microcrateri etc.)
L’applicazione della vernice di finitura viene effettuata principalmente con macchine velatrici di estrema precisione e la polimerizzazione mediante acceleratore EBC garantisce la costanza di reticolazione e di adesione. II pro- dotto finito può essere ottenuto con gradi diversi di brillantezza, variabili in un range da 10 a 90 gloss, e non esistono limiti per il tipo di colore ottenibile e lo spessore dello strato di finitura. Il trattamento EBC in questo tipo di linee richiede l’utilizzo di vernici completamente esenti da solventi ed i diluenti reattivi devono essere adeguatamente selezionati per avere la garanzia di reattività completa. In particolare risulta non essere praticamente utilizzabile lo stirene, per la sua insufficiente reattività. Le vernici attualmente utilizzate sono tutte di tipo acrilico.

ASPETTI TECNICI

La base del sistema Ebc consiste nella produzione di un fascio elettronico ad alta energia, che viene accelerato in una camera ad alto vuoto e, attraverso una lamina di titanio, entra nella zona di trattamento della vernice, dove attiva la polimerizzazione dei componenti reattivi contenuti in essa. Il fascio elettronico viene generato da un filamento metallico che è portato all’incandescenza, in condizioni cioè da permettere l’emissione di radiazioni elettroniche. Sono stati sviluppati diversi sistemi costruttivi per il catodo metallico. In alcuni casi il fila- mento ha dimensioni ridotte ed il fascio elettronico subisce una scansione per mezzo di campi magnetici per coprire la larghezza della superficie da trattare. In altri casi i catodi sono dei filamenti di lunghezza variabile in funzione della larghezza desiderata. Il primo sistema non sembra applicabile per pezzi con larghezze superiori a un metro. Il fascio elettronico viene accellrato all’interno della camera ad alto vuoto con tensioni variabili da 150.000 a 300.000 electronvolts. Questa differenza di potenziale viene generata da un trasformatore posto accanto all’impianto e rappresenta, in ragione delle notevoli prestazioni, una significativa parte del costo del sistema. L’alto vuoto necessario (10-7 mm Hg) viene ottenuto con pompe a diffusione molecolare o termoioniche. Il fascio elettronico interagisce con la materia con una serie di processi di scambio di energia, che oltre a generare la reazione della vernice, producono anche raggi X, che sono estremamente nocivi. Di conseguenza la zona di trattamento deve essere isolata dall’esterno attraverso una camera di piombo, le cui dimensioni variano in funzione dell’energia degli elettroni e delle dimensioni del supporto da trattare. In questo modo le emissioni,che sono rilevate in continuo dai sistemi di sicurezza dell’impianto, sono ridotte ad un livello inferiore a quello della soglia di esposizione naturale (emissioni solari).

L’INTERAZIONE ELETTRONI-VERNICE

I parametri che vengono controllati per ottenere una corretta polimerizzazione della pellicola di film verniciante sono principalmente due: l’energia assorbita (o dose) dal prodotto e la tensione di accelerazione del fascio elettronico. L’energia assorbita viene espressa in unità “radiation curing” come rad (=2,4 cal /grammo) e per i processi di polimerizzazione di vernici risulta in un range di 1-10
MegaRad (secondo le più recenti convenzioni 10-100 KiloGrays). L’energia (D) è legata ai parametri operativi dell’impianto secondo la relazione D=KI/V, dove D=dose (MRad o KGy), V=velocità di linea (metri/min), K=fattore di efficienza sperimentale, I=corrente (m amp). Il fattore K (che è espressione delle perdite di efficienza dovute al passaggio delle radiazioni attraverso la lamella di Titanio e nella zona superiore al pannello) viene determinato sperimentalmente con una serie di prove ed è poi introdotto nel programma automatico dell’impianto per il controllo del processo. Vengono in questo modo costruite le curve “isodose”, dove viene determinata in funzione della corrente di alimentazione dell’impianto l’energia che l’impianto Ebc può trasmettere alla vernice per la reticolazione. Ad esempio per una vernice acrilica pigmentata, applicata a 150 g/m2, richiedente una dose di 6 MRad per la completa polimerizzazione, un impianto che ha la capacità di 500 mA permette una velocità di processo superiore a 100 m/min. Il limite quindi non è nella potenza dell’Ebc, ma nel trasporto dei pannelli. Il secondo parametro che viene controllato nel processo è la tensione di accelerazione, che regola l’energia cinetica del fascio di elettroni e quindi la capacità degli stessi di reticolare in profondità le vernici, apportando la dose sufficiente anche in presenza di molecole scarsamente reattive o di sostanze inerti o assorbenti la radiazione (es.biossido di titanio). E’ data dal trasformatore primario dell’impianto e viene regolata entro 150.000 e 300.000 electron volts (150-300 KV). Attraverso la costruzione dei “profili di penetrazione” viene misurata la capacità degli elettroni di penetrare un film di vernice di vario spessore. Ad esempio per uno spessore di 220 g/m2 (prodotto trasparente) una tensione di 225 KV garantisce il 90% della dose ricevuta per lo spessore longitudinale del film. Per la determinazione con vernici pigmentate si deve applicare una correzione in funzione della densità del materiale. Questo parametro è estremamente importante, perchè una corretta reticolazione in profondità assicura l’adesione interstrato anche con vernici pigmentate ad alto spessore.

LE VERNICI EBC

Le vernici acriliche vengono applicate sui pannelli che hanno ricevuto un trattamento di preparazione con una o più mani, in funzione del tipo di supporto utilizzato (pannello truciolare o MDF) e del grado di finitura richiesto (laccato lucido, opaco, pigmentato, su carta). Gli strati di preparazione sono applicati a rullo o a velo e sono reticolati con lampade UV o con lo stesso Electron Beam (doppio passaggio). Le vernici di finitura si possono dividere in due gruppi: lucide ed opache. Questa distinzione, oltre naturalmente a rivestire importanza commerciale, ha un fondamentale significato tecnico, in quanto le condizioni operative dell’impianto sono molto differenti per ottenere l’uno o l’altro risultato.

LACCATI LUCIDI

Il primo obbiettivo è quello di avere la massima specularità (gloss) e resistenza della superficie a deterioramenti e graffiature. Inoltre si richiede al film verniciante adesione e compattezza, per poter garantire un buon comportamento nel processo di sezionatura. Vengono impiegate vernici a base di resine Poliestere acrilate e diluenti reattivi disfunzionali del tipo Di/Tripropilenglicol diacrilato, o Esandiolo diacrilato in combinazione con Uretano acrilati, se si desidera avere particolari caratteristiche meccaniche del film di vernice. Qualora si richieda la produzione di un laccato in tinta pastello, si può ottenere praticamente qualunque variante di colore e viene richiesta al fornitore la formulazione di una base di colore, contenente pigmenti ad alta resistenza chimica. Non essendo la copertura un fattore limitante la velocità del processo produttivo, le vernici colorate sono formulate per ottenere un buon risultato con una quantità di prodotto applicato variabile in un range da 100 a 150 g/m2. Per un rapido servizio di formulazione di tinte a campione e per lo sviluppo di nuovi colori, esistono sistemi tintometrici che, a partire da una serie di basi colorate monopigmentarie e di un veicolo trasparente, consentono la realizzazione della formula richiesta utilizzando lo stesso impianto di produzione. L’aspetto tecnologico più importante per le finiture lucide è il controllo dell’atmosfera gassosa nella camera di reazione Ebc. Infatti, come si verifica anche nei sistemi Uv, la polimerizzazione viene fortemente inibita dalla presenza all’interfaccia vernice/esterno di molecole di Ossigeno, che svolgono un’azione di cattura delle sostanze in propagazione. Questo provoca un’incompleta reticolazione in superficie, scarsa resistenza al graffio, perdita di brillantezza. Risulta quindi necessario introdurre un gas inerte (Azoto) e monitorare la camera di reazione con un analizzatore di concentrazione di ossigeno. In pratica i sistemi vernicianti a base acrilica, opportunamente formulati, richiedono una concentrazione di ossigeno residua inferiore a 1500-2000 p.p.m. e questo ha naturalmente un’incidenza dal punto di vista dei costi di esercizio dell’impianto. Per ottenere un pannello laccato lucido di 7m2 bisogna controllare la camera di applicazione, per poter garantire assenza di microdifetti, puntina- ture, polvere. Ciò viene realizzato con l’applicazione in camera pressurizzata, con micro filtrazione dell’aria introdotta.

LACCATI OPACHI

In questo caso la vernice prevede l’introduzione, su una base legante simile a quella precedente, di agenti opacanti, per raggiungere il valore richiesto. Il problema formulativo principale è quello di mantenere una viscosità corretta per l’applicazione con macchine a velo o a rullo, avendo introdotto la massima quantità di agente opacizzante. L’impianto può essere dotato dotato di una serie di lampade UV dopo il tunnel Ebc, per poter realizzare, attraverso una combinazione dei due processi, un meccanismo di opacizzazione particolare, che consente di ottenere il risultato voluto senza introdurre solventi nella vernice. Inoltre questo “post-curing” Uv dà alla superficie altissime resistenze all’abrasione, dovute ad una “protezione superficiale” delle cariche opacizzanti da parte di uno strato superficiale di resina. Il sistema tinto-metrico utilizzato per le finiture lucide si utilizza anche in questo caso.