La fine delle vernici

Il racconto del Vulcaniano sulla fine delle vernici provocato dall’aumento dei prezzi ha suscitato numerose reazioni

La fine delle vernici: avviso ai naviganti!

Cari lettori/scrittori
Internet è uno strumento veloce, efficace, utile e soprattutto “democratico”, in quanto permette di dare voce a tutti coloro che sanno usare la tastiera di un computer per collegarsi alla rete (peccato che qualcuno, a volte, dimentica di collegare anche il proprio cervello). E’ quindi necessario darsi delle regole, se si vuole evitare di superare il limite, non sempre chiaro a tutti, tra libertà e anarchia. Onde evitare spiacevoli operazioni di censura, che ho sempre cercato di limitare il più possibile, consiglio a tutti i nostri lettori/scrittori di evitare forme di denuncia, delazioni o diffamazione che coinvolgono persone o società senza apporre la firma alle proprie esternazioni. Chi vuol gettare sassi non tiri indietro la mano e si firmi: solo così il sottoscritto, in piena libertà, potrà valutare se diffondere le denunce e renderle pubbliche, aggiungendo così la propria responsabilità a quella dell’accusatore.

Pierluigi Offredi

Il parere di ADRIANO TESO, presidente del Gruppo IVM

In riferimento all’articolo “La fine delle vernici: requiem per un settore” e con la premessa che non ho nulla da insegnare, né rientra nei miei desideri farlo, ai tanti bravi o meno bravi imprenditori e manager del settore, desidero segnalarle il mio dispiacere per l’esistenza di imprenditori ed aziende che comunicano come chi ha scritto tale articolo. Se quell’imprenditore opera come scrive, capisco i problemi della sua azienda (e del settore?) e non vedo, per lui e per i suoi collaboratori, un futuro brillante o meglio, tout-court, non vedo per loro un futuro.
Ricordo a questo imprenditore, sperando che riesca a comprendere una semplice esposizione come la mia, che per fare utili (e il nostro gruppo rientra fra quelli, pochi, che ne ha sempre fatti in modo soddisfacente), un’industria deve soprattutto svolgere il suo ruolo istituzionale, che è quello di offrire il miglior prodotto alle migliori condizioni. E che non c’è prezzo che tenga se la qualità non è quella attesa dal cliente. E quando c’è la qualità, con tutto il resto di rapporto serio ed affidabile, il prezzo giusto viene sempre pagato, perché tutto ciò ha un grande valore per il cliente capace.
Ma per sapere qual è il prezzo giusto, soprattutto in mercati “ballerini”, occorre avere i conti aggiornatissimi ed essere tempestivi nelle azioni conseguenti. Senza trucchi e con serietà e trasparenza.
In momenti di mercati in subbuglio, c’è sempre qualche outsider che vuole approfittare dell’aumento di prezzi che le aziende che fanno i conti sono costrette ad applicare, per raccontare qualche frottola al cliente, per giustificare condizioni che prima non applicava e che, subito dopo, sarà costretto a cambiare, recuperando quanto perso prima, con gli interessi. Si accomodi pure. Il cliente, facendo le somme, perde con fornitori del genere, e quello avveduto fiuta lontano un chilometro le “offerte-specchietto-perle-allodole”.
Inoltre non ho mai visto simili imprese avere un successo, perchè sono le stesse che “rubano” reti commerciali o collaboratori, strapagando non la loro collaborazione, ma il know-how dell’azienda di provenienza, che in pochi mesi, ammesso che sia utilizzabile, si esaurisce, mentre i costi continuano per anni. Ed allora queste imprese, soffocate dai costi esorbitanti, tentano di alzare i prezzi, dimenticandosi che il cliente non pagherà mai le loro sciocchezze. Ed allora arrivano le perdite e i licenziamenti, fino alla chiusura o a caritatevoli passaggi della proprietà.
Non è un caso che, tranne qualche rarissima eccezione, non c’è più alcuna azienda italiana di medio-grandi dimensioni: sono sparite o passate sotto dominio estero. Se il mio gruppo è diventato, con lavoro e fatica nel corso degli anni, il primo degli italiani, è perché tutti i nostri collaboratori hanno realizzato, molto semplicemente, quanto ho spiegato sopra. E hanno parlato sempre chiaramente ed onestamente al cliente, applicando una politica commerciale e di prezzi lineare e trasparente. Certo non l’avrebbero potuto fare se non avessimo costantemente investito in ricerca e formazione, offrendo così prodotti e servizi di prim’ordine, senza cercare la scorciatoia del “rubare” agli altri quanto avevano costruito (ma dove “ si ruba”, l’ambiente è infido e prima o poi il tutto si ritorce contro chi a questi ambienti aderisce o li crea).
E senza fare inutili e confusi sermoni al mercato. Con buona pace del “collega” che ha scritto.

Il parere di GIANNI MARTINETTI Amministratore Delegato Covema Vernici

La riflessione del “Vulcaniano” riesce a fare, in un momento ancor più difficile del solito, dell’autoironia e dell’autocritica sul comportamento di un settore schizofrenico (quello delle vernici in generale) che a volte sembra non accorgersi di essere davvero sull’orlo del baratro e dell’ “Esplosione Cosmica”. Vi chiedo, se possibile e citando naturalmente la vostra fonte, di poter diffondere il testo scritto a quei direttori commerciali e marketing, capi area, agenti e clienti in modo che più persone, al sentire le note del Requiem, sappiano in anticipo di chi si tratta.
Da ultimo mi sia consentita una riflessione per tutti gli amministratori delegati ed i titolari di azienda, descritti nell’articolo come “…soverchiati dal potere del mercato e degli uomini (da loro…) deputati a gestirlo”. Non sono forse proprio loro, gli amministratori delegati, in ultima analisi, a dover esercitare il controllo finale sul “funzionamento” dell’azienda? Non sono proprio loro a dover essere più sensibili di tutti gli altri ai margini, alla capacità di autofinanziamento, alle strategie di lungo respiro ed alla sopravvivenza dell’azienda stessa? Non è proprio loro preciso dovere salire sul ponte di comando e dettare ordini perentori e precisi per far tenere la rotta alla nave in tempi di burrasca?
Non nascondiamoci e non facciamo nascondere i nostri collaboratori dietro “il potere del mercato ed alla situazione della concorrenza” e sensibilizziamo sempre di più le nostre aziende e gli uomini di vendita ai parametri di redditività, di solidità, di fidelizzazione e sempre meno ai parametri del “Dio fatturato”.

Il parere di GIOVANNI MILESI, consigliere delegato Vernici Egidio Milesi

Tralasciando commenti salaci che porterebbero il dibattito dove non dovrebbe mai andare, mi permetto semplici considerazioni che spero vogliano contribuire a tenere vivo il dibattito.
Premetto che considero quel racconto breve come esso è in realtà: un puro “divertissement” in cui l’autore, che penso di aver individuato, ma che mi guarderei bene dall’additare al pubblico ludibrio, esprime dei concetti spesso veri con l’iperbole propria del “pamphlet”.
Ritengo corretta la puntualizzazione del Sig. Teso che, seppur in evidente polemica con l’autore ed in apparente contraddizione con i concetti dello stesso, non fa che esprimere gli stessi concetti. Ovviamente astenendosi dalla “vis umoristica” di cui è pregno l’articolo; entrambi infatti stigmatizzano comportamenti che non possono essere considerati standard e che costituiscono vere e proprie deviazioni.
Visto che il nostro non è un settore sconfinato, questi comportamenti sono spesso assunti come “normali” e presi ad esempio quali veri e propri standard. Personalmente ritengo che i leaders di ogni settore abbiano l’obbligo morale a muoversi nel modo indicato da Teso. Solo così aiuteranno il settore stesso a crescere e provocheranno l’automatica espulsione di chi si muove in modo deviante e nocivo.
Se articoli scherzosi come quello del nostro amico (in senso neutro e non maschile, perché nulla vieta di pensare che sia un’amica a scrivere) servono a ritrovare la consapevolezza del ruolo di ciascuno e a far capire dove stia la ragione e dove l’irragionevolezza, spero che questo articolo non resti isolato.

Il parere di GUGLIELMO LE ROSE, tecnico 

Ho letto l’articolo “Requiem per un settore“ ed i commenti a seguire. Non è mia intenzione addentrarmi in una discussione sulle strategie di mercato, le sue regole, il fatturato, la redditività ecc., prima di tutto perché non ne sarei capace e poi perché, ne sono convinto, la stessa non porterebbe ad alcuna conclusione (mi sembra che ognuno guardi al suo orticello, preoccupandosi esclusivamente di difendere le proprie posizioni).
Non sono un imprenditore, né un general manager, bensì un modesto tecnico che ha sempre amato il suo lavoro, credendo fermamente nella forza della ricerca tecnologica e del gruppo di lavoro. Vorrei solo fare una riflessione: perché dare per scontato che a scrivere l’articolo in questione sia stato un imprenditore (forse perché ha usato il termine “mia impresa “) anziché un tecnico del settore?
Nel primo caso mi sembrerebbe ovvio quanto commentato dall’amministratore delegato della Covema. Troppo spesso noi tecnici abbiamo assistito con impotenza allo svilimento delle tecnologie innovative, costate anni di ricerca e duro lavoro nei nostri laboratori e presentate sul mercato con politiche di prezzo dissennate, che non avevano alcuna giustificazione se non quella di chi, esercitandole, pensava in quel momento di diventare leader di mercato, fregiandosi di fornire clienti prestigiosi. Questi ultimi poi, non appena i concorrenti, dopo un congruo periodo di tempo per lo studio e la formulazione di prodotti simili, offrivano loro delle alternative, chiedevano prezzi sempre più bassi, che venivano concessi perché bisognava essere al passo con lo sviluppo tecnologico.
E’ un fatto che il valore aggiunto dei prodotti cosiddetti “ecocompatibili“ sia più basso di quelli a solvente (mi riferisco ai prodotti all’acqua). La stessa situazione si era verificata in passato con l’avvento dei prodotti fotopolimerizzabili UV .
Prima che a qualcuno venga la voglia di rispondere che la situazione descritta rispecchia una realtà specifica di un’azienda in cui ho lavorato, lo inviterei a desistere, in quanto tale strategia è purtroppo comune alla maggioranza delle aziende del settore, i cui responsabili tecnici condividono perfettamente quanto da me espresso (più volte abbiamo affrontato assieme l’argomento ).
Per concludere vorrei ricordare quanto mi disse il più grande e compianto tecnico delle vernici, il caro Giorgio Grecchi, a cena in una piacevole serata: “caro Le Rose, io stimo molto l’azienda in cui lavora, perché oltre ad essere una delle società leader del settore è sempre stata coerente con la sua politica di qualità e giusto prezzo”.
E’ stato il più bel complimento che potesse fare e lo ricorderò sempre. Era l’anno 1986, ma non ricordo il giorno ed il mese: quanti anni sono trascorsi!!!

Il parere di ELEONORA RATTI, direttore commerciale Sirca

Sono uno dei “figuri” (altrimenti detti direttori commerciali) che lavora per una delle “rarissime eccezioni di aziende italiane” del settore.
Non ho nulla da aggiungere ai commenti già espressi nel merito dell’articolo, talmente ineccepibili da risultare ovvi e talmente ovvi che talvolta vengono persi di vista, perfino dai primi della classe.
Vorrei invece complimentarmi con l’autore, che è palesemente di un altro mondo, in quanto fantasia e senso dell’umorismo non appartengono al nostro; un po’ di fantasia non guasterebbe per esempio in quei venditori di vernici che come tecnica di vendita non vanno al di là del “io te la dò a meno!”, argomentazione ormai non più usata nemmeno dalle colleghe a loro più affini che, operando su un mercato altrettanto competitivo, hanno capito che cose come qualità e personalizzazione del servizio rendono la merce più attrattiva che il darla via a poco…
Magari se esistesse una diffusa consapevolezza del senso del ridicolo e del pudore, si ripulirebbe il mercato da altri “figuri” o meglio dire “figuracce”, la cui unica professionalità è quella di entrare ed uscire dalle aziende portando ed asportando tabulati e formulari, a compensazione delle proprie capacità mnemoniche usurate.
Insomma, chiunque descriva con fantasia e ironia un problema reale, esasperandolo per licenza poetica, non aggiungerà forse nulla alla sua soluzione, ma renderà se non altro un servizio al buon umore di chi lo vive quotidianamente, o quanto meno a quello dei direttori commerciali, i quali tra tecnici stressati, agenti lamentosi e clienti sempre più esigenti, ne hanno un gran bisogno.

Il parere di FABIO POLVELLI, verniciatore conto terzi

Sono un piccolo verniciatore conto terzi e ho seguito con interesse il dibattito sui prezzi delle vernici, che pur nella sua serietà, è stato affrontato anche con ironia (che ogni tanto non guasta, soprattutto quando si lavora 12 ore al giorno).
I punti di vista espressi dai produttori di vernici, che ho letto sul vostro portale (a proposito, complimenti per l’iniziativa, è uno stimolo in più per noi verniciatori per imparare a “navigare”), danno un quadro completo delle magagne del settore, che poi sono le stesse che viviamo noi verniciatori dall’altra parte della barricata. E’ vero, noi approfittiamo della fortissima competizione esistente tra i nostri fornitori di vernici (ma anche di diluenti, pistole, cabine ecc), per spuntare prezzi migliori, ma credo che questo rappresenti la prima regola del mercato per tutti.
Questa “guerra commerciale” la combattiamo anche noi con i nostri concorrenti quotidianamente, perché i nostri clienti vogliono il massimo al prezzo minimo (e questa credo sia un’altra importante regola del mercato). I prezzi delle vernici però si basano in gran parte sul costo delle materie prime, che credo siano facilmente misurabili (le resine sono più o meno uguali per tutti, i solventi puri dovrebbero avere la stessa qualità, i pigmenti idem), mentre i prezzi della verniciatura sono molto più difficili da giustificare al cliente, per cui spesso si trovano differenze enormi.
Forse nella mia azienda siamo meno bravi dei nostri concorrenti a calcolare i costi di produzione, oppure qualcuno bara, non rispettando le leggi ambientali e fiscali, ma i listini prezzi della verniciatura che ho visto circolare tra i terzisti (molto pochi per la verità, forse perché vengono modificati spesso per adeguarsi alla concorrenza) sono per me incomprensibili.
Ho cercato anche di parlarne con qualche mio collega, ma non ho ancora capito se lo scambio di idee tra i verniciatori serve a darsi una mano o a metterselo reciprocamente in quel posto, per cui rimango sempre col dubbio che le informazioni siano molto spesso fuorvianti.
Credo che l’unico modo per uscire da questa situazione sia quello di cominciare a discutere apertamente di prezzi della verniciatura, di qualità dimostrabile, insomma di requisiti: provi a chiedere ai produttori di vernici schede tecniche con le prestazioni dei prodotti (durezza, resistenza all’ingiallimento ecc.), vedrà che bel campionario di fumo raccoglierà!
Spero che lei possa fare qualcosa in questo senso, magari cominciando almeno a mettere nero su bianco qualcosa che ci aiuti a elencare i parametri più importanti, che consentano a noi di poter valutare le vernici sulla base di numeri precisi, in modo da proporre ai nostri clienti un servizio con una qualità altrettanto dimostrabile e quindi pagata al prezzo giusto.