Chimica

Recenti studi hanno modificato la classificazione da “probabilmente cancerogena per l’uomo” a “cancerogena per l’uomo”

A CURA DELLA REDAZIONE

La notizia è passata pressoché inosservata lo scorso anno, ma visto che qualche lettore continua a chiedere chiarimenti sull’effettiva pericolosità della formaldeide, è bene fare chiarezza sulle fonti. Lo scorso anno l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), appartenente all’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha riunito ventisei ricercatori, provenienti da dieci differenti paesi, che hanno valutato le indicazioni scientifiche disponibili circa la cancerogenicità della formaldeide, largamente utilizzata anche nel nostro settore, in particolare nella produzione dei collanti e dei pannelli, ma qualche volta presente anche in specifici tipi di vernici. Il gruppo di lavoro, riunitosi nell’ambito del programma delle “Monografie IARC”, ha concluso che la formaldeide è “cancerogena per l’uomo”. Precedenti valutazioni, che si erano fondate su un minor numero di studi, avevano concluso che la sostanza era “probabilmente cancerogena per l’uomo”, ma nuovi dati provenienti da studi su persone esposte a formaldeide hanno accresciuto il peso globale delle evidenze scientifiche. Gli esperti hanno potuto determinare che vi è ora “sufficiente evidenza” che la formaldeide provoca il cancro del rinofaringe, un tumore molto raro nei paesi sviluppati. Le “Monografie IARC”, autorevoli per accuratezza e imparzialità (http://monographs.iarc.fr/defaultfr.ht m), rappresentano valutazioni indipendenti, realizzate da esperti internazionali, dei rischi cancerogeni che un gran numero di differenti agenti possono rappresentare per l’uomo. I ricercatori hanno trovato per la formaldeide anche una “limitata evidenza” come agente del cancro delle fosse nasali e dei seni facciali e una “…forte, ma non sufficiente evidenza…” per la leucemia. Quest’ultima si deve all’osservazione degli epidemiologi di una forte evidenza negli studi sull’uomo e all’impossibilità a oggi d’identificare un meccanismo d’induzione della leucemia.
La formaldeide è prodotta nel mondo intero su larga scala. Viene impiegata principalmente nella produzione di resine utilizzate come adesivi e leganti per i prodotti del legno, carta e pasta di carta, lana di vetro e di roccia. E’ anche molto utilizzata nella produzione di materie plastiche e di rivestimenti, nella rifinitura tessile e nella manifattura dei prodotti chimici industriali. Si usa come disinfettante e come conservante (formalina) per numerose applicazioni.

Secondo lo IARC, le fonti d’esposizione più frequenti sono le emissioni dei veicoli a motore, i pannelli di particolari agglomerati e altri materiali assemblabili per costruzioni, moquette, pitture e vernici, il fumo di tabacco. I livelli di formaldeide nell’aria ambiente sono generalmente deboli, ma se ne possono trovare di più elevati all’interno delle abitazioni. L’esposizione professionale a formaldeide ricorre in un gran numero di lavorazioni industriali e di circostanze professionali: si stima che nell’Unione europea più di un milione di lavoratori ne siano interessati in misura diversa. Brevi esposizioni di grado elevato sono state segnalate per gli imbalsamatori, gli anatomo-patologi e i lavoratori dell’industria della carta.
Livelli inferiori sono stati più spesso registrati nella manifattura di fibre minerali artificiali, abrasivi e gomma e nella produzione industriale di formaldeide.Una grande ampiezza di livelli d’esposizione è stata osservata nella produzione di resine e di materie plastiche. Lo sviluppo di resine che impiegano meno formaldeide e una migliore ventilazione hanno fatto scendere il grado d’esposizione in numerose industrie nel corso degli ultimi decenni. Il gruppo di lavoro della IARC ha proceduto anche alla valutazione di due eteri glicolici (il 2-butossietanolo e l’1-tert-butossi-2-propanolo) e ha concluso che essi, alla luce dei dati attualmente disponibili, non sono classificabili quanto alla loro cancerogenicità per l’uomo, in ragione di “insufficiente evidenza” e di “limitata evidenza” nell’animale da esperimento.

Pericolo 1