autorizzazione unica ambientale vernici

Le vicissitudini per ottenere l’autorizzazione unica ambientale nel settore delle vernici: un’esperienza positiva

Poco più di un anno fa, in quel di Levanto, incontrai quello sconsolato consulente che, ahimè, scrive spesso alla nostra redazione, in genere lamentandosi della legislazione in campo ambientale, della burocrazia che fa perdere tempo ed energie, ecc.  Quest’anno, in una sera di mezza estate, il soggetto mi scrisse una mail e mi propose un incontro via Skype, per comunicarmi importanti novità. Con qualche perplessità, proposi una riunione a distanza, avvenuto qualche settimana fa, il cui contenuto sinteticamente riporto.

Consulente. Egregio direttore, intanto la ringrazio per dedicarmi parte del suo tempo; so che è molto preso, e non solo con le sue attività editoriali; un’importante emittente radiofonica, non solo meneghina, le ha recentemente dedicato un servizio quale promotore di un’iniziativa sportiva molto ben riuscita nonostante il periodo, iniziativa che ha coinvolto centinaia di adepti nella Città di Milano. Mi spiace tuttavia di incontrarla “a distanza”; solo un anno fa amabilmente conversavamo nella piazzetta di Levanto, ma sembra passato un secolo!

Direttore. Suvvia, caro consulente, non faccia il nostalgico; del resto io a Levanto ci sono tornato anche quest’anno, ma non l’ho propria incrociata.

Consulente. In effetti non ci sono andato, forse sono un po’ troppo timoroso ma, sa com’è, gli anni passano e sono consapevole di appartenere a una categoria a rischio. Spero in tempi migliori, il più possibile vicini.

Direttore. Ebbene, mi dica, cosa le è capitato stavolta? Già immagino che mi parlerà di percorsi burocratici tortuosi, eccessivi tempi di risposta della pubblica amministrazione, problemi con i portali telematici attraverso i quali passano ormai tutte le istanze autorizzative, automazioni che fanno rimpiangere le raccomandate e la fila in posta, il tutto aggravato dal periodo di lock down.

Consulente. Egregio direttore, niente di tutto ciò: stavolta credo che la stupirò davvero e non in negativo.

Direttore. Ora mi fa proprio incuriosire, racconti.

Consulente. Come probabilmente ho già avuto modo di dirle, il mio lavoro consulenziale, rigorosamente svolta da casa, non si è mai fermato neanche in periodo di chiusura totale della maggior parte delle attività produttive, nei mesi di marzo e aprile. Intanto c’era da interpretare i contenuti dei famosi DPCM (codici ATECO, attività di supporto a quelle che potevano operare, comunicazioni in Prefettura, autocertificazioni, analisi dei protocolli di sicurezza, ecc.), ma poi non è mancata anche la classica attività consulenziale. Vivaddio, alcune imprese che avevano avviato progetti di investimento li hanno portati avanti e in parte anche realizzati, nonostante tutto.

Direttore. Mi scusi, ma questa premessa sta diventando piuttosto lunga, non capisco ancora dove vuole andare a parare.

Consulente. Caro direttore, non sia impaziente, ora arrivo al punto. Nel mese di Febbraio sono stato convocato da un imprenditore di una piccola industria chimica collocata nel milanese, intenzionato a trasferire l’attività in Piemonte, poco al di là del Ticino; un trasferimento finalizzato ad aumentare gli spazi disponibili in vista di futuri incrementi produttivi. Nel caso in questione la consulenza è stata relativa all’autorizzazione per le emissioni in atmosfera e a una valutazione preliminare di impatto acustico, quest’ultima svolta da una mia collega.

Direttore. Capisco, ha presentato un’istanza AUA (Autorizzazione Unica Ambientale) alla Provincia competente per territorio.

Consulente. Non esattamente: la tipologia di attività e i consumi di materie prime sono tali da consentire l’adesione a un’autorizzazione “in via generale”, relativa alle emissioni in atmosfera, beneficiando della cosiddetta “procedura in deroga” (per gli addetti ai lavori, ex art. 272 del D. Lgs. 152/2006 e s.m.i.). La valutazione preliminare di impatto acustico, in tali casi, si allega alla SCIA (Segnalazione Certificata Inizio Attività) e, a stretto rigore, non costituisce un vero e proprio titolo autorizzativo (in materia di emissioni sonore il DPR 59/2013, che ha introdotto l’AUA, ha fatto qualche pasticcio, ma non vorrei dilungarmi su ciò in questa sede).

Direttore. Ho ben presente le attività in deroga, il silenzio assenso dopo 45 giorni dalla presentazione dell’istanza; ricordo anche le sue rimostranze dell’anno scorso, per aver dovuto presentare, proprio per un’attività insediata in Piemonte, doppia istanza di autorizzazione, una attraverso il portale del SUAP, ed una attraverso il portale “SistemaPiemonte”, sostanzialmente a causa dell’incapacità di dialogo tra i suddetti portali (SUAP e SistemaPiemonte).

Consulente. Sì, ricorda proprio bene, egregio direttore e ciò un po’ mi lusinga! Ma torniamo alla questione. Come detto, ho presentato, per conto del mio cliente, domanda di autorizzazione in deroga, utilizzando direttamente il portale SistemaPiemonte (così come indicato dal SUAP), precisamente il 23 aprile u.s.

Direttore. Ma tali istanze non devono essere presentate al SUAP, come richiede il DPR 59/2013?

Consulente. Certo, tuttavia alcuni SUAP non dispongono di una piattaforma per poter presentare istanze ambientali, per cui, in questi casi, si utilizza direttamente il portale messo a disposizione della Regione Piemonte (succede peraltro anche in Lombardia).

Direttore. Ma, mi faccia capire, viene quindi saltato il passaggio del SUAP?

Consulente. Assolutamente no; come lei ricordava, il DPR 59/2013 prevede che l’istanza venga presentata per via telematica al SUAP.

Direttore. Continuo a non capire: se il SUAP non dispone di un portale per presentare l’istanza, come fa ad essere parte attiva nel procedimento amministrativo?

Consulente. Semplicissimo: l’istanza, compilata sul portale della Regione, viene inviata al SUAP (a mezzo posta elettronica) e da questo trasmessa alla Provincia (sempre a mezzo posta elettronica); la Provincia è  definita “Autorità Competente”, ovvero quella che istruisce la pratica e, se il contenuto della stessa è corretto, provvede a rilasciare l’autorizzazione; nel caso in questione, trattandosi di “adesione a un’autorizzazione in via generale”, la Provincia rilascia una presa d’atto, ricordando al gestore dell’impianto gli adempimenti successivi (es: comunicazione di messa in esercizio e di messa a regime, esecuzione degli autocontrolli ai camini – se previsti – ecc.). Dimenticavo: la presa d’atto della Provincia viene notificata al richiedente attraverso SUAP.

Direttore. Lei dice “semplicissimo”, tuttavia a me il percorso sembra un po’ tortuoso e, comunque, nel caso  esposto mi sfugge il ruolo del SUAP.

Consulente. Il ruolo del SUAP sfugge anche a me, e non solo per le autorizzazioni in via generale, ma anche per l’ AUA (Autorizzazione Unica Ambientale) prevista con DPR 59/2013, ma tant’è: così l’hanno pensata e, per di più, il tutto è stato fatto in nome della semplificazione (Legge 4 aprile 2012 n. 35 «Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo» art. 23 – introduzione dell’Autorizzazione Unica Ambientale).

Direttore. Rimango basito, ma, per cortesia, vada avanti.

Consulente. Caro direttore, non si abbatta più del dovuto, di queste semplificazioni ne riparliamo magari un’altra volta; ora torniamo all’istanza presentata il 23 aprile 2020. Il giorno dopo – 24 aprile – ricevo una Pec del SUAP che allega una dichiarazione molto stringata, dalla quale si evince che l’istanza è stata protocollata, che le è stato attribuito un numero di pratica e che è stata inviata all’autorità competente (Provincia). Ora, tengo a ricordare che, ai sensi della Legge 241/1990 e successive modifiche e integrazioni, quando un’amministrazione riceve un’istanza, deve comunicare al richiedente “l’avvio del procedimento”, indicando il responsabile del procedimento (nel nostro caso identificato) e il tempo di conclusione del procedimento stesso (nel nostro caso omesso). Ora, nella comunicazione del SUAP tali indicazioni erano parzialmente presenti, ma, sinceramente, non mi sono strappato i capelli per questo (anche perché ormai sono pochi già di loro); quello che non capisco è perché il responsabile del procedimento non sia un funzionario provinciale, essendo la Provincia definita “autorità competente”,  ma invece il funzionario di altro Ente che, per contrappasso, dovremmo definire “incompetente “ (ma ciò, ahimè, non riguarda solo il caso in questione!).

Direttore. La prego, non si dilunghi con le solite polemiche, cosa è mai successo dopo: son passati i 45 giorni e l’autorizzazione si è intesa automaticamente rilasciata, in applicazione del cosiddetto ”silenzio assenso” oppure, come temo, per qualche motivo si è incagliato il procedimento autorizzativo?

Consulente. Ancora un po’ di pazienza.  Il 29 aprile ricevo una Pec del SUAP che allega una comunicazione della Provincia. Appena leggo l’oggetto mi tremano i polsi: di sicuro ho sbagliato qualcosa nella presentazione dell’istanza, ora cosa racconterò al titolare dell’attività? Con il fiato sospeso scarico il documento della Provincia, rigorosamente  in formato p7m (ovvero firmato digitalmente e, per ciò, di non immediata lettura) e leggo la missiva provinciale.  Come spesso succede, le comunicazioni formali non sono sempre chiarissime, tuttavia non si tratta assolutamente di un diniego (alcune volte la pratica presentata è addirittura definita “irricevibile”, neanche fosse stata presentata sulla carta del macellaio), né emergono richieste di chiarimenti.

Direttore. Ma insomma, venga al dunque, che significato aveva la nota della Provincia?

Consulente. Come le dicevo, a una prima lettura il significato non era evidente, ma sembrava una presa d’atto, ovvero di fatto il rilascio dell’autorizzazione richiesta. Incredibile, dopo solo 6 giorni dalla presentazione dell’istanza. Non essendo del tutto sicuro, ho chiamato il funzionario della Provincia, una gentile dottoressa operante in “smart working”, che mi ha confermato che l’autorizzazione si poteva intendere ormai rilasciata; ovviamente l’ho ringraziata per la tempestività della risposta, sottolineando che mai mi era capitato di ottenere una risposta in tempi così brevi.

Direttore. Caro consulente, come mi accennava all’inizio di questa conversazione, questa volta mi ha  positivamente stupito: allora la Pubblica Amministrazione può essere anche efficiente, in questo caso “super-efficiente”! Avrà senz’altro chiesto il motivo di tanta solerzia.

Consulente. Ebbene sì, mi è stato risposto “merito del telelavoro”. Lascio a lei le considerazioni finali. Io mi tengo il piacere di aver ottenuto in tempi rapidissimi l’autorizzazione richiesta; cercherò di ricordarmene in futuro nel caso in cui i percorsi amministrativi non siano altrettanto efficienti: servirà sicuramente a calmare i nervi.

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