Le superfici verniciate resistono al caffè? Niente paura!
Per capire quale sia, in generale, il comportamento delle superfici verniciate nei confronti di questa sostanza, sono state esaminate tutte le prove effettuate al Catas nel corso del 2016 in accordo con la norma EN 12720, dove il caffè è stato applicato per un tempo di contatto di un’ora.
Sara Moruzzi – CATAS
Una prova eseguita “quotidianamente” al CATAS e quella della resistenza delle superfici ai liquidi freddi. Questa prova permette di valutare il comportamento di una superficie a varie sostanze d’uso comune per testarne, appunto, la resistenza e verificare l’eventuale comparsa di aloni, macchie, rigonfiamenti, crepe o altre alterazioni superficiali.
Il metodo di prova di riferimento è descritto nella norma europea EN 12720, che fornisce un elenco delle sostanze da impiegare e dei relativi tempi di applicazione. Tra le sostanze di prova più importanti vi è il caffè, una bevanda molto amata in tutto il mondo, ma che, se versata accidentalmente, può macchiare in modo permanente la superficie dei mobili e, in particolar modo, quelle verniciate. Il test del caffè è quindi particolarmente temuto in quanto può determinare il superamento o meno dell’intera prova per un dato campione.
Per capire quale sia, in generale, il comportamento delle superfici verniciate nei confronti di questa sostanza, sono state esaminate tutte le prove effettuate al Catas nel corso del 2016 in accordo con la norma EN 12720, dove il caffe è stato applicato per un tempo di contatto di un’ora.
Dalle 2445 prove eseguite secondo tale metodo, sono stati cosi selezionati 560 campioni (22,9% del totale) riferiti alle sole superfici verniciate. I risultati ottenuti (Tabella 1 e Grafico 1) mostrano come il 92 % dei campioni superi la prova, ottenendo valutazione “5 – nessun cambiamento” (84,1 %) o “4 – lieve alterazione”, visibile solo sotto la luce riflessa (7,9 %). Solamente l’8% dei campioni non supera la prova, ottenendo valutazioni “3 – cambiamento moderato visibile in ogni direzione” (5,3 %), “2 – cambiamento significativo e/o lieve degrado strutturale” (2,5 %) o “1 – forte cambiamento” (0,2 %).
Analizzando ulteriormente i campioni sulla base del colore (vedi tabella 2), si può notare come le problematiche maggiori si riscontrano su verniciature bianche, ovviamente più sensibili alla macchiatura.
Tuttavia anche verniciature scure mostrano delle variazioni superficiali, solitamente causate non tanto dalla colorazione provocata dal contatto con il caffè, quanto probabilmente dallo scolorimento dovuto alla componente acquosa della soluzione. Eclatante il caso del blu: la maggior parte dei campioni esaminati ha ottenuto una valutazione 4, mostrando un leggero alone se osservati sotto la luce riflessa.
Considerando più nel dettaglio la situazione dei campioni bianchi aventi verniciatura nota (tabella 3), si può osservare come le problematiche maggiori siano state riscontrate nei campioni verniciati con cicli acrilici e in quelli con cicli a base acquosa. Interessante notare, inoltre, come le percentuali dei campioni trattati con cicli fotoreticolabili tradizionali (UV) che ottengono valutazione “5 – nessun cambiamento (67.9%)”, sia significativamente inferiore a quella dei campioni trattati con vernici UV a base acquosa (95.7%).
Seppure interessante, si vuole pero sottolineare come questa indagine sia strettamente legata alle casistiche esaminate e non possa quindi essere intesa come indicativa del comportamento generale di una data classe di prodotti vernicianti. Infine, è stata anche considerata la resistenza al caffè di supporti legnosi trattati con verniciatura trasparente (vedi tabella 4). In particolare, in questa analisi, i campioni di betulla e faggio appaiono i più sensibili, non superando la prova rispettivamente nel 12,9 % e nel 12,5 % dei casi. Migliore risulta invece la resistenza del rovere, che supera la prova nel 96,8 % dei casi, mentre pino, frassino e noce ottengono la valutazione “5 – nessun cambiamento” nel 100 % dei campioni esaminati.
Ovviamente questi dati sono influenzati, oltre che dal supporto, anche dal ciclo di verniciatura (tipologia di prodotti, spessori, ecc.) che nella maggior parte dei casi non è tuttavia dichiarato.
In conclusione, il dato che senza dubbio spicca su ogni altro è l’elevata percentuale di campioni che, indipendentemente dalla colorazione o dal tipo di verniciatura, supera la prova del caffè.
Ci auguriamo pertanto che questo dato incoraggi i produttori di vernici e gli utilizzatori a intraprendere nuovi studi e sperimentazioni per individuare formulazioni e cicli sempre più “a prova di caffè”.