Pesticidi inquinamento

Cosa s’intende per prodotto pericoloso? Com’è regolamentata la materia a livello internazionale? Com’è tutelato il consumatore? Dove attingere informazioni affidabili e dati corretti?

FRANCO PELLASCHIAR

VERNICI NATURALI E SINTETICHE

Per cominciare introduciamo alcuni richiami a possibili definizioni delle due famiglie di prodotti vernicianti su cui ci soffermeremo per sviluppare il tema proposto: è sostenibile una distinzione sostanziale, e non solo emotiva e di etichetta, tra “vernici naturali/biologiche” e “vernici sintetiche”, ai fini di una valutazione di pericolosità? Questo ci porterà ad entrare nel merito della loro composizione e ad individuare i parametri di classificazione, per una valutazione oggettiva della loro pericolosità e a verificare la legittimità di attribuire patenti di valenza ecologica positiva o di congenita generica pericolosità. Nei PV naturali/biologici (secondo i riferimenti della “Associazione Bioedilizia Italia” ) si riscontra: totale assenza di materie di sintesi petrolchimica; utilizzo di componenti di origine naturale o di chimica “dolce”; richiami alle formulazioni storicamente utilizzate in passato. Nei PV sintetici, classificazione molto generica, attribuibile agli attuali prodotti vernicianti di largo impiego, in linea di massima possiamo trovare: leganti ottenuti da oli naturali modificati e da resine di sintesi chimica; solventi derivati dalla petrolchimica; cariche minerali naturali; pigmenti ottenuti da processi di sintesi recenti o già in essere nei secoli passati; additivi (in piccole quantità). A nostro avviso c’è un certa difficoltà a stabilire la netta collocazione di un prodotto verniciante nell’una o nell’altra aggregazione; proviamo infatti a prendere in considerazione parametri di valutazione del tipo: origine e natura dei componenti; impatto sull’ambiente; effetti sulla salute in fase di produzione e di applicazione; possibilità di rilasci nel tempo. Con questi criteri potremmo infatti formulare e ritenere “naturale” anche uno smalto alchidico all’acqua” o un’idropittura al lattice, dove la resina e l’emulsione possono essere ragionevolmente considerate componenti chimici “dolci”, in ragione della pratica assenza di componenti pericolosi. Risulta quindi abbastanza aleatorio stabilire una netta linea di demarcazione tra le due famiglie di prodotti. Ricordiamo a proposito che già da tempo si è posto il problema della messa a punto di prodotti a ridotto impatto ambientale, indirizzo che è stato formalizzato, ad esempio, dall’Ecolabel europeo, che non pone condizioni sull’origine dei componenti presenti nella pittura, salvo escludere la presenza di specifiche sostanze, minimizzare il titolo in SOV, valutare i fabbisogni energetici per il ciclo produttivo nel suo complesso (“dalla culla alla tomba”), consentendo però configurazioni formulative raggiungibili tranquillamente anche dai cosiddetti PV sintetici.

PV NATURALI E LORO PROMOZIONE PUBBLICITARIA

A questo punto però un certo tipo di pubblicità potrebbe far venire un sospetto: non è che si usi il termine “naturale” per suggerire “ecologico”, “innocuo”, “non nocivo”? Sulle schede tecniche di alcune aziende si trova scritto, dichiarato esplicitamente, “prodotto naturale – bioecologico – atossico”. Vale pertanto la pena ricordare quanto riporta il comma 5 dell’art.6 del D.Leg.vo 19 luglio 1998, n°285 sui preparati: “Sull’imballaggio o sull’etichetta dei preparati disciplinati dal presente decreto non possono figurare indicazioni come “non tossico”, “non nocivo” o qualsiasi altra indicazione analoga intesa a dimostrare il carattere non pericoloso”. Tra l’altro si potrebbe ricadere in un caso di “pubblicità ingannevole”, chiaramente disciplinata dal D.Leg.vo 25 gennaio 1992, n°74, dove l’art. 5, “Pubblicità di prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza dei consumatori”, recita: “E’ considerata ingannevole la pubblicità, che, riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, ometta di darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza”.

I PV NATURALI: UN SETTORE IN EVOLUZIONE O DI NICCHIA?

Abbiamo sottolineato il fatto che è difficile applicare un netto discriminante nella classificazione di un prodotto verniciante nell’una o nell’altra categoria; inoltre va da sé che un’attribuzione rigorosa dell’etichetta di prodotto “naturale” evidenzierebbe una situazione di nicchia, difficilmente allargabile oltre certi limiti, anche avvalendosi di un cospicuo impegno nella ricerca e in azioni di marketing. Senza entrare più di tanto nel merito delle caratteristiche prestazionali richieste ad un prodotto, possiamo pensare realizzabile una formulazione “naturale” per i prodotti da utilizzare in una carrozzeria di ritocco, nella protezione anticorrosiva di un viadotto o della carena di una nave? A proposito, i calafati dell’Arsenale della Serenissima cosa utilizzavano nell’assemblaggio e nella protezione del fasciame delle galere? Inoltre siamo sicuri che tutto quanto è “naturale” o “biologico” è necessariamente “buono” e che quanto deriva da una sintesi e da un processo chimico è, per definizione, dannoso per l’uomo e per l’ambiente? A questo punto del discorso possono rientrare, e sono anzi doverose, alcune considerazioni. Nell’ambito dei prodotti “naturali” e per la “bioedilizia” è innegabile, e sicuramente sostenibile, la validità di programmi di ricerca e di iniziative produttive, coadiuvati da adeguato supporto di marketing e promozionale, mirati a valorizzare e consolidare una posizione di nicchia, cui non si può negare un ruolo insostituibile nella riproposta di formulazioni e tecnologie “naturali”. Sono auspicabili e proponibili interventi di restauro di manufatti storici e di strutture edilizie, realizzati secondo i criteri pratici ed estetici di un passato pregevolissimo, spesso inimitabile; ma non mi sembra si possa proporre questa strada come indirizzo percorribile per soddisfare le innumerevoli, specifiche prestazioni tecnico-estetiche che oggi ci aspettiamo da un prodotto verniciante, anche nelle sue applicazioni più correnti. Negli ultimi decenni il fabbisogno di prodotti vernicianti e di rivestimenti protettivi si è enormemente dilatato e interessa un mercato molto diversificato e sofisticato, in un ampio ventaglio di esigenze estetiche e di prestazioni tecniche. Ne risulta coinvolto un vastissimo repertorio di preparati e di materie prime, sia di estrazione e di origine naturale, sia di matrice petrolchimica e di sintesi; il fabbisogno di pigmenti, leganti, solventi e additivi ha incentivato la ricerca e la messa a punto di sempre nuovi prodotti, per far fronte via via all’esigenza di prestazioni più avanzate, nonché di costi più contenuti. E’ immediato un richiamo allo sviluppo tumultuoso, non sempre sufficientemente controllato, della chimica industriale, sicuramente poco attento, fino a due o tre decine di anni fa, all’impatto ambientale dei processi produttivi e dell’utilizzo su larga scala di un enorme numero di sostanze e di preparati. Impatto che naturalmente comprende, nel nostro caso specifico, i rischi di esposizione degli operatori nelle fasi produttive ed applicative, nonché i rilasci più o meno significativi negli ambienti di vita da parte di manufatti, costruzioni, rifiuti ecc. Oggi la situazione è nettamente virata su posizioni di consapevolezza critica che, come vedremo più avanti, ha portato a porre paletti con restrizioni e divieti d’uso sempre più severi e specificatamente mirati alla tutela dei consumatori ed alla protezione ambientale.

LE DIRETTIVE EUROPEE

Per cominciare ritengo senz’altro utile ed opportuno fare un richiamo alla classificazione delle sostanze pericolose introdotta dalla CE nel 1967 con la pubblicazione della Direttiva 67/548/CEE “concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio ed all’etichettatura delle sostanze pericolose.” A questa hanno fatto seguito a tutt’oggi ben otto modifiche e ventotto adeguamenti al progresso tecnico: una sorta di “filone” correntemente denominato “Direttiva Sostanze pericolose”. Oggi i criteri di classificazione ed i parametri di valutazione sono praticamente completati, mentre prosegue il programma di valutazione delle numerosissime sostanze non ancora classificate e di quelle che sono via via prodotte dall’industria chimica (queste sono commercializzabili solo dopo notifica tramite un dossier completo di tutti i dati sulle caratteristiche di pericolosità). In sequenza si è naturalmente presentato il problema di valutare la pericolosità della vastissima gamma di preparati chimici in cui si trasferisce, in modo più o meno rilevante, la pericolosità delle sostanze, a vario titolo pericolose, impiegate nella formulazione. Per far fronte in modo organico a questa necessità è stata pubblicata nel 1988 la Direttiva 379/CEE che costituisce la normativa base per i preparati pericolosi: il “filone” denominato “Direttiva preparati pericolosi”, a sua volta periodicamente aggiornata. In parallelo, la pericolosità particolarmente critica che veniva evidenziata per diverse sostanze e relativi derivati e miscele, dava luogo all’emanazione di direttive specifiche con restrizioni all’immissione sul mercato e all’uso di talune sostanze e preparati pericolosi, quali ad esempio l’amianto, i composti di mercurio, di piombo e di cadmio, il pentaclorofenolo, le sostanze cancerogene e mutagene, ecc.: il “filone” della “Direttiva sulle limitazioni di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi”, che ha portato a tutelare soprattutto la fascia del grande pubblico, che non trova più sugli scaffali della rivendita prodotti vernicianti con piombo, solventi clorurati, cromati e quelle sostanze per le quali sono via via emerse evidenze di cancerogenicità e mutagenicità.

CLASSIFICAZIONE, ETICHETTATURA E SCHEDA DI SICUREZZA

La classificazione, riportata in etichetta, evidenza con immediatezza le caratteristiche di pericolosità della sostanza in quanto correla ad essa, oltre che la categoria di pericolosità, uno o più simboli di pericolo che segnalano i rischi più gravi, riportando “frasi tipo” individuate dal prefisso R (frasi di rischio) che specificano la natura di tali rischi, ed altre “frasi tipo” individuate dal prefisso S (consigli di prudenza) che danno indicazioni sulle precauzioni da prendere nella manipolazione e nell’utilizzo. Inoltre, le direttive sulle sostanze e sui preparati pericolosi precisano che, sebbene l’etichetta rappresenti uno strumento fondamentale per l’informazione degli utilizzatori, è necessario affiancare ad essa un documento informativo più articolato e completo, destinato agli utilizzatori professionali che, in forma più o meno continuativa e in situazioni operative diverse, sono esposti al prodotto. Questo sistema informativo, configurato sotto forma di “scheda dati di sicurezza”, viene compiutamente definito ed articolato nei sedici paragrafi della Direttiva 93/112/CEE, aggiornata dalla Direttiva 2001/58/CE.

LE FONTI INFORMATIVE E LE BANCHE DATI SULLA PERICOLOSITÀ DELLE SOSTANZE

Il sistema informativo e procedurale utilizzato per la messa a punto di questa complessa regolamentazione internazionale dispone dei risultati di ricerche, studi, sperimentazioni ed indagini epidemiologiche condotte ormai da svariati decenni da istituti, aziende, centri di ricerca e università di tutto il pianeta. Le valutazioni di pericolosità per l’uomo e per l’ambiente delle sostanze chimiche, dei relativi processi produttivi e del loro utilizzo sia industriale che privato, consentono oggi di affrontare la tutela degli operatori con riferimenti più precisi sui vari livelli di tossicità e di eventuali altri rischi (sensibilizzazione, corrosività, cancerogenicità, mutagenicità ecc.). I risultati, reperibili in una vastissima bibliografia, sono peraltro consolidati da anni e raccolti in banche dati e pubblicazioni facilmente accessibili; a titolo indicativo ne elenchiamo alcune abitualmente consultate:
SAX’s : Dangerous Properties of Industrial Chemical Products
ACGIH: American Conference of Governmental Industrial Hygienists
RTECS: Register of Toxic Effects of Chemical Substances
MITI: Japanese Inventory of Chemical Substances
IARC: International Agency for Research on Cancer
Dalle pubblicazioni dello IARC : “Monographs on the Evaluation of Carcinogenic Risks to Humans) citiamo il Vol. 47 : “Some Organic Solvents, Resin Monomers and Related Compounds, Pigments and Occupational Exposure in Paint Manufature and Painting.

LE MATERIE PRIME

La distinzione, mi sia consentito di definire in alcuni casi manichea, tra prodotti vernicianti naturali/biologici e prodotti vernicianti di sintesi, attribuendo agli uni “correttezza ecologica” ed agli altri un sistematico impatto ambientale negativo (il “peccato originale della loro origine chimica”), non mi sembra oggi ragionevolmente sostenibile. Anzitutto l’indagine va ricondotta, con metodo, ai singoli componenti di una formulazione, alla struttura della loro molecola, indipendentemente dalla loro origine ”naturale” o “di sintesi” (si possono ottenere per sintesi molecole assolutamente identiche a quelle naturali); ed oggi conosciamo molto più che in passato i comportamenti delle sostanze che utilizziamo, la loro reattività e quindi anche le loro caratteristiche di pericolosità, che naturalmente sarà la stessa nelle due molecole, indipendentemente dalla loro origine. Se mettiamo sotto la lente alcune molecole di origine naturale, e che quindi beneficiano di un’etichetta “ecologicamente corretta”, possiamo far delle scoperte interessanti. Ad esempio il “d-limonene” o “pmeta1,8(9) diene” è un terpene naturale di cui si suggerisce l’utilizzo come solvente nei prodotti per la bio-edilizia; come risultato delle indagini di cui sopra (per la sua classificazione) gli si attribuisce il simbolo Xi (irritante) e N (pericoloso per l’ambiente) con le frasi di rischio R38 (irritante per la pelle) , R43 (può provocare sensibilizzazione a contatto con la pelle), R50 (altamente tossico per gli organismi acquatici) e R53 (può provocare a lungo termine effetti negativi per l’ambiente acquatico). Anche l’essenza di trementina, distillata da resine naturali, ha una carta d’identità non certo tra le più rassicuranti; le sono stati attribuiti i simboli Xn (nocivo) , Xi (irritante) e N (pericoloso per l’ambiente), con le frasi di rischio R20/21/22 (nocivo per inalazione, contatto con la pelle e per ingestione), R36/38 (irritante per gli occhi e la pelle), R43 (può provocare sensibilizzazione a contatto con la pelle), R51 (tossico per gli organismi acquatici) e R53 (può provocare a lungo termine effetti negativi per l’ambiente acquatico). Si potrebbero richiamare altri casi interessanti, che possono confermarci il carattere aleatorio delle convinzioni che attribuiscono una patente ecologicamente corretta solo alle sostanze ed ai prodotti di origine naturale: mi limiterei ad un esempio che tocca due sostanze che interessano un campo che ci è sicuramente abbastanza familiare, anche per un recente dibattito a livello di regolamentazione.

ATRAZINA E SOLANINA A CONFRONTO

Penso che tutti ricorderanno le vicende legislative legate all’atrazina, utilizzata come diserbante in agricoltura e responsabile dell’inquinamento delle falde acquifere se utilizzata in modo indiscriminato: un decreto ministeriale ne fissò i limiti di accettabilità nelle acque potabili a 0,8 mg/l. I dati sulla tossicità di questa sostanza riportano un LD 50 di 672 mg/kg somministrati per via orale a un ratto. Dalla stessa fonte ricaviamo per la solanina un LD 50 di 590 mg/kg per un’analoga somministrazione; dal confronto si vede che la solanina è più tossica dell’atrazina. Questa comparazione non avrebbe particolare rilevanza, se non si sapesse che la solanina è un glucoside presente nella vasta famiglia delle solanacee, una diffusa specie vegetale che, tra le sue varietà, annovera patate, pomodori, melanzane ecc., notorie delizie della dieta mediterranea (la solanina è presente con lo 0,04% nei germogli della patata).

IL CONCETTO DI “DOSE”

Il riferimento riportato risulta utile per due considerazioni: da una parte abbiamo un’ulteriore conferma che quanto è naturale e biologico non è necessariamente innocuo e amico dell’uomo e dell’ambiente, dall’altra ci introduce più facilmente nel concetto di dose. Un preparato, che sia un medicinale piuttosto che un prodotto verniciante, diventa pericoloso (in un’accezione generale) al momento in cui un suo componente, a vario titolo pericoloso, supera una certa concentrazione, e la sua assunzione o la sua applicazione avviene con una certa modalità o in un certo contesto. Nell’ambito dei prodotti vernicianti questo vale, per esempio, anche per l’utilizzo di materie prime (es. resine), che sono a loro volta il risultato di un’aggregazione molecolare (polimero) in cui sono scomparse le caratteristiche originarie delle molecole (monomeri) con cui è stata costruita la macromolecola; nel prodotto finito possono ritrovarsi minime concentrazioni di monomeri residui, che però non sono in grado di conferire caratteristiche di pericolosità al nostro formulato. Così come minime sono le concentrazioni di sostanze conservanti e antimuffa, che si aggiungono alle idropitture ed ai prodotti cosiddetti “all’acqua” per impedirne l’attacco e la degradazione già in barattolo, da parte di microrganismi e muffe (non dimentichiamo, tra l’altro, che le sostanze “naturali” sono soggette a rapida degradazione biologica: qual è la “dose” di biocidi necessaria per conservare una “pittura naturale”, sia in barattolo, sia applicata?). I criteri che stabiliscono i limiti di concentrazione, al di sopra dei quali la presenza di una sostanza diventa significativa ai fini della classificazione di pericolosità del preparato, sono molto severi e oggetto di continua verifica e, al limite, di una loro revisione al momento in cui si rendono disponibili studi epidemiologici e dati statistici aggiornati e completi.

L’AGGIORNAMENTO DELLA REGOLAMENTAZIONE

Ormai abbiamo la possibilità di prevedere con ragionevole approssimazione il grado di pericolosità che una sostanza trasferisce nel preparato (vernice) che andiamo formulando; l’evoluzione di una regolamentazione in continuo aggiornamento sottopone alla nostra a attenzione una serie di orientamenti ben precisi, chiedendoci di tenere nel dovuto conto:
il problema del bioaccumulo di certe molecole e di certi metalli (DDT, piombo, cadmio, cromati ecc.)
l’importanza della biodegradabilità di una molecola organica
il problema del rilascio nel tempo di sostanze pericolose per l’ambiente di vita (da preparati instabili in certe condizioni)
la sostituzione di sostanze responsabili di contribuire alla formazione di smog fotochimico e di contribuire alla riduzione dell’ozono stratosferico.
E’ chiaro che non sempre è possibile arrivare a commercializzare prodotti vernicianti non pericolosi, soprattutto se sono richieste prestazioni specifiche particolarmente spinte, quali sono previste ad esempio per le protezioni anticorrosive, ma dobbiamo ricordare che queste allungano il ciclo di vita di un manufatto, e quindi contribuiscono indirettamente a un bilancio positivo nell’ottica dell’economia ambientale. Al tempo stesso, si sta iniziando a disciplinare l’impiego di quelle sostanze il cui processo produttivo comporta elevato dispendio energetico, o onerosi interventi per controllarne e ridurne l’impatto ambientale.

L’IMPORTANZA DELL’INFORMAZIONE

Arrivando alla conclusione dell’esposizione, appare evidente l’importanza fondamentale assunta dalla disponibilità dei dati necessari alla progettazione di un prodotto verniciante in grado di garantire determinate prestazioni, unitamente ad un indice di pericolosità il più basso possibile, in una rigorosa applicazione della regolamentazione sull’etichettatura e sull’elaborazione della scheda con i dati di sicurezza. In parallelo è auspicabile la crescita culturale degli utilizzatori, anzitutto con la disponibilità a prendere visione e ad interpretare correttamente le informazioni fornite dal fabbricante attraverso l’etichetta e la scheda di sicurezza, adottando di conseguenza le misure di prevenzione e i mezzi di protezione per le situazioni di rischio, vuoi per l’incolumità fisica, vuoi per la tutela della salute e dell’ambiente in esse evidenziate. A questo riguardo può essere significativo ricordare che una recente direttiva comunitaria prevede la disponibilità di schede di sicurezza anche per preparati che, pur non essendo classificabili come pericolosi, contengono almeno una sostanza pericolosa o una sostanza avente un limite di esposizione sul posto di lavoro, in concentrazione pari o superiore all’1%.

CONCLUSIONI

In questo articolo mi ero proposto un confronto tra i livelli di pericolosità presentati dai componenti di sintesi e quelli attribuibili ai componenti naturali di un prodotto verniciante; le evidenze emerse dall’indagine proposta, anche se sommaria, non giustificano una linea di separazione netta tra le due famiglie di prodotti vernicianti ottenuti formulandoli con essi. A mio avviso non troviamo soluzione di continuità o cesura di separazione nella sequenza dell’amplissima gamma di prodotti che possiamo allineare secondo parametri convenzionali di pericolosità; fortunatamente, in alcune aree di largo impiego, ci capiterà sicuramente di vedere affiancati prodotti della “bioedilizia” e prodotti cosiddetti “sintetici” cui è possibile attribuire tranquillamente una patente di “non pericolosità”. Oggi è obbiettivo comune della ricerca e della legislazione restringere sempre di più, e disciplinare adeguatamente, quelle gamme di prodotti a vario titolo pericolosi, ma in parte indispensabili, almeno per il momento, per le attuali esigenze tecnologiche. Sappiamo però che non è facile: nel tumultuoso evolversi del mondo d’oggi, le difficoltà che limitano il controllo della tecnologia derivano dal fatto che la nostra capacità tecnica è largamente superiore alla nostra comprensione degli effetti sociali che sono causati dal suo uso. Quando se ne scoprono conseguenze indesiderate, spesso la tecnologia è entrata così profondamente nel tessuto economico e sociale che il suo controllo è estremamente difficile. Siamo al dilemma del controllo. Quando correggere sarebbe facile, non si riesce a vedere la necessità di farlo; quando appare evidente la necessità di una correzione, questa è diventata dispendiosa, difficile e richiede tempo per essere realizzata.

BIBLIOGRAFIA

ACGIH: American Conference of Governmental Industrial Hygienists – 2000 Threshold Limit Values for Chemical Substances and Physical Agents and Biological Exposure Indices.
Richard J. e Lewis Sr.: SAX’S Dangerous Properties of Industrial Materials, Ninth Edition – 1995 Van Nostrand Reinhold Company, New York.
Fischer H. – Chimica pulita. Per un uso intelligente delle materie prime – Milano 1995, Tecniche Nuove.
IARC, Vol. 47: “Some Organic Solvents, Resin Monomers and Related Compounds, Pigments and Occupational Exposure in Paint Manufacture and Painting. apanese Inventory of legislative, regolamentari al Substances. amministrative relativ .: “Pitture & Pitture – classificazione, all’im & Tumori” – Cronaca laggio ed all’etichetustria Chimica delle dei preparati per 2000. losi”. ini R.; “La Direttiva del restaura 76/769/C rischio “concerni dati ravvicbili, la men ne di MITI: J Chemic Mosca R Tumori dell’Ind Vernici – Demart salute d tore e il chimico: disponi diffusio dell’informazione e le procedure oggi in uso. Intervista a Lelia Della Torre”- Tema, n°1, 2001 pp.66-71. Direttiva 67/548/CEE “concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio ed all’etichettatura delle sostanze pericolose” (Direttiva “madre” cui hanno fatto seguito otto modifiche e ventotto adeguamenti).  Direttiva 99/45/CE “concernente il ravvicinamento delle disposizioni ede alla baltatura ico ente il inato delle sposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative all’immissione sul mercato e dell’uso di talune sostanze e preparati pericolosi” (Direttiva “madre” cui hanno fatto seguito numerose modifiche ed adeguamenti).

BANCHE DATI SULLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO CHIMICO CONSULTABILI TRAMITE INTERNET

http://ecdin.etomep.net.html http://epa.gov/chemfact; http://ILPI.COM/MSDS/INDEX.CHTML;
http://ntp-server.niehs.nih.gov/; http://siri.uvm.edu/msds/; http://sis.nlm.nih.gov/sisl/; http://tox-net.nlm.nih.gov;
http://www.cdc.gov/niosh/homepage.html.; http://www.chem-finder.camsoft.com/siteslist.html; http://www.iarc.fr.html http://dcn.davis.ca.us/go/sinan/rawmaterials.html

BANCHE DATI SUL RISCHIO CHIMICO

IRIS –Integrated Risk Information System LOLI
MEDITEXT (Medical Management);
RTECS (Registry of Toxic Effects of Chemical Substances)