Sherlock Holmes

Il delitto perfetto esiste (e la chimica aiuta!)

EDIZIONE SPECIALE RISERVATA AI LETTORI DI PROFESSIONE VERNICIATORE DEL LEGNO

Dr. Frank Peer Underall

…no nessuna lesione interna, ne’ alla spina dorsale, tenente… Ballestreros insistette:
Allora dottore, niente ictus, niente embolo…allora infarto?
Neanche, tenente…e neanche strangolamento, evidentemente… La gola era intatta, un bellissimo collo tra l’altro…
Una trombosi ?
No tenente, gliel’ho detto, niente di neurologico e nessuna “botta in testa”…assolutamente niente al cranio.
Stupro, emorragia…?
Non lo so, ce lo diranno da Barcellona, ma violenza niente…neanche emorragia…eccetto quella stupidata dai capillari del naso…e i segni sulla schiena…..
Cosa mi sta dicendo dottore… che questa qua é morta di graffi ? Ballestreros guardava il magnifico cadavere disteso sul marmo…
La giovane donna aveva la schiena…usurata, a strisce trasversali e quasi parallele, tra la vita e i glutei… un bellissimo culetto, come tutto il resto di lei. Sul viso, anche qui, solo graffi sulla punta del mento, sulle gote, sugli zigomi, sulle palme delle mani, sui polpastrelli, sul seno, il bel nasino…aveva avuto un’emorragia…le belle labbra un po’ peste…le ginocchia forse avevano sanguinato un po’, ma nient’altro…come una strusciata sullo scoglio; il peggio era la schiena…ma non ferite, solo usure…
Non si può morire di graffi, Doc, non si può!
Infatti posso solo dire…annegata…un po’ d’acqua nei polmoni c’é…si, direi annegata…o…sfinita!
Assurdo, pensava Ballestreros, annegata su uno scoglietto piatto dieci centimetri sopra il mare, a cui é legato con la cima anche un gommone con i suoi 20 cavalli di fuoribordo…
Droga… veleno…?
Droga o veleno ce lo diranno da Barcellona…tracce d’alcool nel sangue si, questo abbiamo potuto appurarlo, ma proprio una roba da niente, come se avesse bevuto un aperitivo qualche ora prima…comunque ho mandato tutto a Barcellona: tutti i liquidi organici, sangue, feci, urine, succo gastrico, umore vaginale, saliva, le unghie, un pezzetto dei muscoli adduttori…qui a Mahon non siamo attrezzati per queste analisi…
E …un colpo di sole, dottore?
Non si muore di un colpo di sole, si muore per la disidratazione che ne consegue…e questo bel corpicino non é disidratato…
Già, pensò Ballestreros, e sullo scoglio, vicino a lei, c’era anche la bottiglia di “Gatorade” a portata di mano…incastrata in una fessura della roccia…. Potrebbe essere annegata altrove e poi l’hanno portata lì …disse il dottore. No Doc, i morti si cagano addosso, ma non hanno emorragie dal naso.. e sullo scoglio c’é ancora un pò di sangue coagulato…e poi Pablo l’ha vista, il pomeriggio, dal Cessna, quando fa il giro a sud, distesa lì tutta nuda a prendere il sole…e…pensavo Doc: non si puo’ morire di…terrore ? Dicono di si, Ballestreros…non so quale successiva analisi lo possa confermare…credo nessuna…la faccenda dell’ultima immagine sulla retina é una palla da romanzo giallo…ma c’é una cosa, diciamo anomala….un tasso altissimo di acido lattico nella muscolatura, tutti i muscoli del corpo: come se la donna avesse continuato a correre o nuotare o a lottare per ore ed ore… Si: distesa a pancia in giù a prendere il sole: e a un certo punto, stanchissima, si é fermato il cuore e stop…é così? Ballestreros era sfottente… …se non é annegata, devo dire sfinimento.. dovrei dire così…non l’hanno neanche legata…non ci sono segni di corde ai polsi e alle caviglie…ma se é annegata lo confermeranno a Barcellona… Ballestreros salutò e se ne andò. “Merda – pensava – questo é il primo omicidio per graffi che mi capita”; infatti lui era sicuro…quella non era una morte naturale. Non si può morire da soli in sole ventiquattro ore, sfiniti di stanchezza, quando si é giovani e sanissimi, distesi su uno scoglio, oppure annegare con un gommone a portata di mano, un gommone con un bel motore, col quale sei venuto fin lì…non si può! E neanche un suicidio…non ci si uccide di sfinimento e non ci si annega stando fermi su uno scoglio aspettando dieci centimetri d’alta marea…quello era un omicidio. Ma non si può neanche uccidere una persona…graffiandola …e lasciandola lì sola con un gommone e una bottiglia di Gatorade! E poi Pablo, il pilota del Cessna che fa il giro delle coste, gli aveva anche detto che la donna l’aveva salutato, alzando una mano, quando era passato 50 metri sopra di lei, stando distesa sullo scoglietto sperduto…distesa esattamente com’era sei ore prima, quando lui aveva fatto il primo giro…distesa a pancia in giù ad abbronzarsi…l’aveva salutato anche allora…e forse non si era girata perché era proprio nuda…ma… anche a 100 metri di quota si vede se un culetto é un bel culetto ! No! non aveva chiesto aiuto, Pablo era sicuro: chi chiede aiuto, (e ne aveva aiutati tanti!) si alza in piedi e si sbraccia…e poi lei aveva anche lì il gommone…no…l’aveva solo salutato alle otto di sera…come alle due di quel pomeriggio…alle otto di sera era solo “più abbronzata”. Due giorni dopo, da Barcellona arrivò il fax con le analisi. Erano tutte una conferma di quanto aveva detto il dottore. In più nessuna collutazione, nessun rapporto entro le 12 ore precedenti il decesso: sotto le unghie non c’erano residui di pelle o peli umani, solo silicati e carbonati (lo scoglio evidentemente) e residui di resina sintetica, molto simile a quella usata per le strutture delle barche. Niente di più dal sangue (tracce di alcool) e conferma invece dell’alto tasso di acido lattico nelle fibre muscolari. Conclusione: forse annegamento, oppure arresto cardiaco.

Fu intorno agli anni 70 che una nuova tecnica odontoiatrica incomincio’ a rivoluzionare il sistema.. Un nuovo tipo di mastice permetteva la ricopertura o la completa ricostruzione di un dente per mezzo di una resina acrilica polimerizzabile con raggi ultravioletti. Il dentista ha tutto il tempo per modellare il dente, ricostruendolo con il mastice e la spatolina e, quando il risultato estetico é raggiunto, impugna una “pistola luminosa” che, tramite fibre ottiche, conduce la luce ultravioletta direttamente sul dente…e ciò che poco prima era un morbido mastice plasmabile, in soli sessanta secondi diventa una massa durissima e resistentissima…il dente nuovo…
Chiuda pure signora…
Ma come? gia’ fatto?
Si signora, é un sistema nuovo…anzi chiuda bene…
Mi pare che “punti” un po’…
Con la fresetta ultrasonica corresse la lunghezza dopo soli due minuti che l’aveva modellata!
Richiuda bene signora…va bene adesso ?
Direi di si, dottore.
Bene: adesso una bella lucidatina…
Si, anche lui era molto soddisfatto del risultato…”pensa te i miracoli della chimica…!!”.
Oggi é una cosa normalissima e nessun paziente si stupisce più di questa metodologia…é la normalità…come oggi nessuno si stupisce più se la maggior parte dei mobili vengono verniciati, in pochi secondi, con vernici polimerizzate da potenti lampade a raggi ultravioletti. “La normalità” era un brevetto della “IacoccaInstruments” di Los Angeles, specializzata in “forniture per odontoiatria”.

Non era stato lui, Ferdinando Iacocca, a fare la “Iacocca Instruments”: aveva incominciato suo nonno quando era andato, emigrante, a Los Angeles. Adesso era una bella “aziendina”, suo padre l’aveva potenziata sia commercialmente che tecnicamente e lui, Ferdy, si ritrovava oggi presidente della stessa e …pieno di grana ! Escludendo l’oro e i diamanti, non c’é quasi niente che occupi così poco volume e si venda così caro come tutti quei boccettini per il dentista…infatti la “Iacocca instruments” non era un grande stabilimento, ma girava, comodi comodi i suoi 40 milioni di dollari l’anno. Salutò tutti quel giorno in azienda, prima di partire per l’Europa . Lo salutò anche il capo della ricerca, un ottimo chimico, il sig. Wood: “Signor Ferdy, le ho lasciato in barca anche una bindella di Kevlar…credo che ci siamo col prodotto…é solo un campione fatto in laboratorio…me lo provi anche lei, se ha occasione…”
Vuol dire che ci siete riusciti, Wood ?
Direi di si, presidente…é con un nuovo fotoattivatore della Ciba: becca anche le frequenze oltre i 400 nanometri…ma dovremo lavorarci ancora un po’ prima di brevettarlo!
Glielo provo, Wood, glielo provo….in pieno Mediterraneo!
Il Kevlar non c’entrava proprio niente con le forniture per dentisti…era solo una fissa del signor Wood…uno sfizio! Figurati! Una “specialità” nel settore della nautica…anche commercialmente…tutta un’organizzazione da far nascere! L’investimento produttivo…la logistica…i magazzini…tutta una nuova distribuzione…insomma un sacco di problemi …no…non lo entusiasmava!
Grazie signor Ferdy e…buone vacanze!

Salparono i primi di maggio, lui, sua moglie Katy e Tommy, il marinaio. Ferdy amava molto il mare e la sua barca; stava lui al timone…o il pilota automatico. Volevano vedere le Canarie e le Baleari e il viaggio fu lunghissimo, ma piacevole. Anche il mare se ne stette abbastanza bravino…e lui non litigò neanche tanto con Katy…e neanche Katy “si squassò” molto con Tommy… Ancorarono a Mahon e decisero di fermarsi a Minorca per un mesetto…tutto giugno…in una bella villetta con piscina e tutto il resto, vicino a Bini-Beca. Piacque anche a Katy, Bini-Beca; é difficile infatti che BiniBeca non piaccia, sembra un paesino costruito solo per “piacere”! Come il corpo di Katy ! Anzi, Katy aveva un corpo fatto proprio per piacere e per “farsi piacere”…a cominciare dalle tettine, del tutto ignare di quanto avesse asserito Newton sulla forza di gravità…Tutti gli esse ri umani hanno una costante K. Questa K é uguale per tutti ed é la sommatoria di tutti i vizi, i difetti, o i piaceri e i peccati di ognuno di noi…
Cioé, matematicamente :
K = k1 + k2 + k3 + k4 + k5 + k6 + k7 + k8 + k9 …ect etc dove, ad esempio :kappino 1 é quanto menti… kappino 2 é quanto bevi… kappino 3 é quanto fumi… kappino 4 é quanto scopi… kappino 5 é quanto tradisci… kappino 6 é quanto insulti… kappino 7 é quanto odi… kappino 8 é quanto rubi… kappino 9 é quanto mangi… kappino 10 quanto spettegoli… e così via… Di kappini ce ne sono moltissimi e una persona risulta “equilibrata” quando ha un giusto “tot” dei vari kappini e non ne ha nessuno poi assolutamente predominante…ma la Kappona totale resta una costante per tutti.
Quindi, per esempio, chi non ruba mai, non mente mai, ubbidisce sempre, non alza mai la voce, non beve mai, non odia nessuno, non tradisce mai, non…non …non…eccetera eccetera, ebbene quello é molto probabile che faccia a fettine le bambine nei boschetti dopo averle stuprate…
Ecco: Katy era una stupenda e bravissima ragazza, intelligentissima e onestissima, ma aveva una kappina un pochino preponderante: il sesso! Il sesso, quando voleva…a qualsiasi costo! Non era una malattia…era solo una kappina…come chi mangia troppo e lo sa, o beve troppo e lo sa, o fuma troppo e lo sa…
La chiamano ninfomania: non e’ vero, era solo la kappina di Katy! Ferdy lo sapeva benissimo, anzi, fin dalla “prima volta”, glielo aveva chiaramente spiegato Katy, la quale evidentemente, oltre a non fumare, non sbronzarsi, e non “farsi pere”, non poteva avere la kappina della menzogna, né quella del tradimento: non le sarebbe bastata la K !
Ne avevano parlato a lungo e…si erano perfettamente capiti…
– Tu Ferdy devi pensare solo una cosa, quando mi succede…io non ti sto tradendo, non ti tradirei mai…io uso solo un uomo per masturbarmi!

Esattamente come, alle volte, mi vedi usare il vibromassaggiatore! Anzi, su quella macchina, essendo anche un po’ sado-masochista, invece della cinture a palline di gomma per la schiena e il fondo schiena, usava una cinghia di cuoio duro e ruvido che le lasciava anche i segni, ma …come diceva lei “…cosi’ mi squassa proprio tutta!”. La cosa era talmente nota, anche fra i loro amici, che nessuno ne faceva o se ne faceva un problema: si era detto solo che Ferdinando Iacocca non poteva essere cornuto, perché non era un uomo: era un gerundio! (di “ferdinare”) E così era Katy : una gran brava ragazza… Cioé esattamente quello che scoprì Fanjul Fanjul nel giro di due giorni dal momento dell’incarico…e Fanjul Fanjul scoprì anche un’altra piccola e innocua kappina di Katy (ma questa é comune a moltissime belle donne) e cioé di amare alla follia abbrustolirsi al sole, su uno scoglio sperduto, completamente nuda…il che, in un certo senso, faceva poi parte di quel “farsi piacere”… Infatti non si é mai sentito nessuno dire a una donna “…oh come sei brutta abbronzata!”…neanche a Indira Gandhi…
Fanjul non é una parolaccia. Anche se, in spagnolo, si legge Fancul. E’ il cognome di serie e laboriose famiglie di commercianti catalani..  Ci sono anche distinte persone che si chiamano Fanjul Fanjul. Esattamente come in Italia ci sono persone che si chiamano Paolo Paoli… Fanjul Fanjul era un serio investigatore privato, con una profonda e indiscussa professionalità nell’ambito delle cosiddette “questioni sentimentali”, ed una indiscutibile pinguedine. Non se la cavava molto bene in inglese, in quanto si era espresso più che altro nel mondo neolatino, ben più ricco di questioncine erotiche di quanto non lo sia il mondo nordico. Voglio dire: non é che gli svedesi o gli inglesi non si cornifichino, é solo che se ne fregano … Infatti Fanjul parlava benissimo il catalano, lo spagnolo, l’andaluso, il basco, nonché un bel po’ di italiano.. Quando Fanjul ricevette la telefonata da Ia cocca saltò sul primo “Iberia” Barcellona-Mahon. Era fine maggio e trovò subito un volo… S’incontrarono in un ristorantino di Villa Carlos gestito da una londinese, a due passi dal magnifico porto di Mahon, l’unico locale, in tutta Minorca, dove ti fanno i cavoli bolliti e senti anche la puzza di fuori…
– Venga là, Signor Iacocca, là non ci può andare nessuno che la conosca…o che mi conosca…là ci vanno solo gli inglesi…
Si: Fanjul gli parlò in italiano perché Iacocca, pur non essendo parente del Boss della Chrysler, era chiaramente italoamericano, visto che il suo “20 metri d’altura” batteva bandiera a stelle…
E fu li che, quella sera, Iacocca gli disse che voleva “sapere tutto” di Katy e José…anzi, sopratutto di José…
-Vuole anche documentazioni?, voglio dire, registrazioni telefoniche, cassetta-video, fotografie o altro…o le basta sapere?
Beh! Signor Fanjul, direi proprio di no…mi basta quello che lei potra’ dirmi…ma comunque faccia lei..
Okei, signor Iacocca, allora mi installo qui a Mahon e… lei ha il telefono in barca vero?
Certo: e questo é il numero…glielo scrisse sul conto dell’inglesotta…puzzava di cavolo bollito persino quel pezzettino di carta.

Katy aveva conosciuto José e Carmen, giù al porto, il giorno che era andata a noleggiarsi il gommone per “andarsi a cercare uno scoglio come voleva lei”. Erano una coppia spagnola, giovani e simpatici, anche loro in vacanza, anche loro a Bini-Beca, in una villetta, ma senza piscina…
– Vengono su da noi a fare il bagno – disse Katy quel giorno. Quel giorno li conobbe anche Ferdy. Lei era una brunetta, molto bruna…beh, lasciamo perdere: immaginatevi una spagnola carina non più di tanto, tutta spagnola…che si chiama anche Carmen.
Ma chi lo colpì fu José. Si potrebbe descrivere José dicendo solo “la bellezza” …tutta la bellezza e l’armonia estetica che può avere un corpo umano, ignaro persino di esserlo, ignaro persino del suo sesso… A piedi nudi José camminava sul bordo della piscina, appoggiando quasi prima le punte, non con l’esibizionismo del ballerino, ma con una sua naturalezza nel procedere. Ogni muscolo del corpo abbronzato rispondeva alle sollecitazioni dei movimenti con delle tensioni modulate, quasi ritmiche, del tutto involontarie, istintive…come l’incedere di un felino altero e nel contempo domestico, amico e assolutamente sincero nel profondo di due occhi azzurrissimi… Chiacchierarono del solito più e del solito meno… Dopo, la doccia e l’aperitivo…
– Bene, ci rivediamo domani giù al porto, magari facciamo un giro in barca.  Ferdy li salutò con la mano quando se ne andarono sulla Mehari, chiuse la porta, si versò ancora da bere, la guardò per un momento: sorrideva..
Allora Katy…quando te lo fai?
Già fatto!
La guardò ancora: negli occhi.
Stavolta hai perso meno tempo del solito…ma dove?
Sul gommone…é stato lui a trovarmi lo scoglio giusto…te lo avrei detto Ferdy…non te l’ho detto “prima” come altre volte…ma te l’avrei detto, lo sai benissimo…anche perché…insomma: é la prima volta che mi sembra di aver scopato non con un uomo…ma con una idea di uomo…
E allora?
Beh…stavolta non é stato come al solito…non mi sono…non mi sono …”squassata”.
Come mai?
Non lo so Ferdy, non lo so, non lo so, non lo so! L’ultimo “non lo so” fu quasi urlato…
Poi, sottovoce, quasi parlando a se stessa, “non lo so…ancora !”

Naturalmente si rividero tutti e quattro e fecero giri in barca intorno all’isola cercando le calette più belle, e tutte le volte Katy trovava uno scoglio al sole, vicino al mare, per tuffarci la mano quando voleva, darsi una spruzzata e continuare a “cuocersi”: si addormentava spesso, al sole… Poi la colazione in barca, le solite chiacchere, le barzellette, le battute di spirito…spesso ridevano e Ferdy la guardava e … si stupiva un po’. Lei non aveva il comportamento solito “di quando le succedeva”…non quell’atteggiamento un po’ sfottente, un po’ seducente, un po’ intrigante, un po’ graffiante, un po’ aggressivo, quasi possessivo…verso l’uomo che stava “rimorchiando a letto”… no…questa volta sembrava solo felice, aveva una gioia immensa negli occhi che sorridevano sempre, per conto loro, quando guardava José… Andarono anche al “suo scoglio”. Dove se ne andava lei col gommone. Non era neanche un isolotto, era proprio uno scoglietto affiorante, appena fuori il lungo fiordo di Mahon, verso “cala Mesquida”. Il mare faceva un ansa profonda dentro la roccia e diventava un laghetto verde smeraldo, quasi invisibile dal mare aperto e la roccia era li, cinque centimetri sopra l’acqua, perfettamente piana e liscia…
– Sembra che qualcuno me l’abbia fatto su misura! – diceva Katy…lo diceva guardando José…e istintivamente Ferdy pensava “a quale misura”…
Ferdinando non la capiva: contrariamente al solito non gli raccontava nulla di “come andavano le cose”… Lui era abituato, in quelle circostanze, a sentirsi raccontare, giorno per giorno, tutte le cosettine erotiche ed i particolari delle “squassate”. Questa volta no. E lui invece voleva sapere..voleva sapere tutto, come sempre. Per questo un giorno aveva voluto Fanjul..semplicemente per sapere tutto… Dopo aver visto Fanjul restò ad aspettare con ansia la sua telefonata… Si riincontrarono là quando Fanjul si fece vivo… dentro la puzza dei cavoli bolliti…
Allora, Fanjul : questo José?
Ho anche una fotografia, signor Iacocca, notturna, neanche all’infrarosso: é bastata la luna, il mio teleobbiettivo, e il rullino a diecimila ASA.
Fanjul accese il sigaro e poi disse: “sua moglie col suo amante sul suo gommone”. Fanjul aveva in mano la foto. Tenendola per un angolo la faceva leggermente oscillare. Iacocca non la guardò subito, forse non volle…restò un attimo a pensare alla frase detta in italiano da uno che gli dava del lei…gli venne un singulto di risa mentre gli si srotolavano in mente tutti i possibili significati di quella frase.
sua moglie (cioé Katy), col suo amante (José) nel gommone di Katy
sua moglie (Katy), col suo amante (José) nel gommone di José
sua moglie (Katy), col suo amante (José) sul suo gommone (quello di Ferdy)
sua moglie (cioé Carmen, la moglie di José), col suo amante (forse un bel ragazzo) sul suo gommone (quello di Carmen)
sua moglie (sempre Carmen) col suo amante (il bel ragazzo) sul suo gommone (quello del bel ragazzo)
sua moglie (Carmen) col suo amante (il bel ragazzo) sul suo gommone ( quello di Iacocca: e perche’ scopano proprio li?)
sua moglie (di nuovo Katy) col suo amante (quello di Ferdy omosessuale) sul suo gommone (quello di Ferdy)
sua moglie (Katy) col suo amante (ancora il gay ) sul suo gommone (quello di Katy)
sua moglie (ancora Katy) col suo amante (il gay) sul suo gommone (quello del gay)
sua moglie ( di nuovo la moglie di José, Carmen) col suo amante (ancora l’amante gay di Iacocca) sul suo gommone (quello di Carmen)
sua moglie (Carmen) col suo amante (il gay di Iacocca) sul suo gommone (quello del gay)
sua moglie (sempre Carmen) col suo amante (ancora il suo gay) sul suo gommone (quello suo di Iacocca)
….
Ma come diavolo si potevano chiarire le “questioni legali” o le “questioni di cuore”, o qualsiasi questione in una lingua così…? Rideva ancora, scuotendo un po’ la testa, mentre prendeva la foto…la tolse dalla busta. Non stavano facendo all’amore: Katy teneva il viso di José fra le mani e lo guardava negli occhi…e i magnifici corpi di lui e di lei esprimevano, come certe sculture classiche, insieme alla bellezza, un grande, grande, grande, grandissimo ….amore! In quel preciso momento Ferdy Iacocca si rese conto di odiarla. Senta, Fanjul, abbiamo finito: questo mi basta… Come vuole lei, signor Iacocca, anche se, per me, la cosa può avere un seguito…(Fanjul si “fatturava” a giornata…) No…va bene così…mi dica quanto… Cinquecentomila pesetas, signor Iacocca. Ferdy firmò l’assegno, si salutarono e…riemersero dal microclima a base di cavoli bolliti. Mentre tornava verso il porto stracciò la fotografia e la buttò in mare, a pezzettini…

Quel giorno José aveva dovuto fare un salto a Barcellona e sarebbe tornato l’indomani. Andarono in porto e verso mezzogiorno Katy si bevve un campari, prese con sé una bottiglia di Gatorade e le bottigliette di creme solari e dopo-sole: “Ciao Ferdy : vado sul mio scoglio: ci vediamo verso le cinque…” Saltò sul gommone: chiamò il ragazzino che gli fece dieci litri di benzina, avviò e partì… Iacocca restò solo: se ne stette un’oretta a leggere il giornale del giorno prima, poi chiamò Tommy. Prendi il Mehari e vammi a fare un po’ di pulizia a Bini-Beca…quella casa fa schifo! Mi raccomando Tommy…come se fosse una barca! Io vado fino Cabrera per vedere com’é…dai, slegami le cime. In quel momento vide Carmen sul molo. Lei salì a bordo. Saludos senor Iacocca e… grazie di tutto… oggi me ne vado col traghetto… grazie ancora…é stata una bella vacanza…- la voce era un po’ velata e triste.
Perché te ne vai, Carmen?
E’ tutto finito con José, tutto finito…e… senor Ferdy credo anche che tua moglie “esta enamorada” di lui…

Questa almeno, pensò Iacocca,… questa parla più chiaro di Fanjul! E lui sentì di odiare ancora di più…  Avviò i motori e partì. Ancorò a un centinaio di metri dallo scoglio di Katy, mise in mare il gommoncino a remi e la raggiunse. Era addormentata: distesa sullo scoglio a pancia in giù, nuda; il corpo, brillante di olio solare, sembrava un bronzo lucidato… “Ronronava”, nel sonno, come un gattino… Non la toccò neppure… Mentre remava, andandosene col gommone…la voce di Katy oltre lo scoglio (…un po’ assonnata, un po’ stupita, un po’ lagnosa…): “dai Ferdy…piantala! Cosa diavolo mi hai fatto? Due minuti dopo era già sullo yacht…e tre ore dopo era a Cabrera. Alle cinque del mattino attraccava di nuovo a Mahon. Scese dalla barca e andò direttamente alla Guardia Civil del porto…a denunciare la scomparsa di Katy. Non ci misero molto a trovarla… Pablo, col Cessna, la rivide così, esattamente come il giorno prima, a prendere il sole sullo scoglio…quando l’aveva salutato per ben due volte… Era morta nel corso della notte. E Ballestreros, giunto in volo da Barcellona, dopo tre giorni di indagini, dovette arrendersi: Iacocca aveva persino la documentazione della sua permanenza a Cabrera (ora di arrivo, ora di partenza e su quell’isola ci vuole persino un permesso speciale delle autorità militari per attraccare). Il caso fu chiuso: “morte per arresto cardiaco”. Lo lesse sul giornale anche Fanjul, a Barcellona e, essendo un professionista corretto, telefonò a Ballestreros e gli raccontò del suo incarico e di quanto lui sapeva…
– Grazie Fanjul, ma ci aveva già detto tutto José…si Fanjul, sono assolutamente certo che l’ha uccisa…assolutamente sicuro…ma non…non ci sono riuscito…

Due anni più tardi Fanjul Fanjul era li sul molo dello Yacthing Club di Barcellona, seduto su uno scalino a fumarsi un sigaro, la lattina di “cervesa” nella mano, osservando un uomo sui vent’anni che lavorava su una barca. Stava costruendo le staffe di sostenimento dell’estintore. Non impiegò piu’ di tre minuti e l’estintore era li in verticale, trattenuto da due “cravatte” attaccate alla parete del cabinato, sostenuto, in basso, da una piccola staffa a “L” rovesciata. L’uomo non aveva fatto buchi, né avvitato viti… afferrò l’estintore dall’alto e lo sfilò.
Okei – disse – e lo riinfilò nelle cravatte.
Bel lavoro, amico, e fatto anche in fretta! – disse Fanjul. L’uomo lo guardò: “ lei va per mare?”
Fanjul sorrise: “su quelle grosse e quando mi portano!”
L’altro si sedette sullo scalino vicino a Fanjul, mentre si ripuliva le mani con uno straccio.
…no…perché, vede… poteva servirle questa novità…
Quale novità?
E’ una nuova tecnologia che stiamo lanciando per interventi veloci e di emergenza sulle barche…stia a vedere…  Andò sul camioncino, sul molo e si risedette vicino a Fanjul. Teneva in mano una striscia nera lunga sessanta centimetri e larga sei o sette, una specie di bindella molle e morbida, come se fosse una cintura di nappa di pelle nera. Cosa diavolo é? – chiese Fanjul.Vede, questo é un nastro di fibra di Kevlar, una fibra resistentissima e leggera, impregnato di resina acrilica liquida come miele, protetto dalla luce da una pellicola nera da entrambe le parti. Quando si pela via il film protettivo, la luce solare fa polimerizzare la resina in circa sessanta secondi e la bindella diventa “come se fosse un nastro d’acciaio”, ricopiando la forma a cui é appoggiata. Quando abbiamo fatto la dimostrazione, qui a Barcellona, siamo arrivati con un fuori bordo in vetroresina segato in due : qui la prua, là la poppa. L’abbiamo appoggiato sul carrello con la carena in su, abbiamo avvicinato le parti, abbiamo applicato otto bindelle trasversali e una lungo tutta la linea di giunzione, inumidendo prima con la resina pura la zona di aderenza allo scafo, come un chirurgo mette otto graffette su una ferita. La resina pura fa da adesivo e polimerizza insieme al tutto in 60 secondi, appena si pela via il film nero di protezione. C’era un bel sole…esattamente dopo due minuti l’avevamo già varato: abbiamo avviato e…siamo partiti! E’ stato bellissimo…sono rimasti tutti di merda! Fanjul, oltre ad essere interessato, aveva anche una specie di trapanino nel cervello… E, chiese Fanjul – se la si vuole staccare, la bindella, c’é un mezzo? Certo, é un “release agent”: questo qui (aveva la bottiglietta in mano); in pratica é un particolare solvente molto aggressivo: in cinque minuti la resina diventa come gelatina di pollo e si stacca tutto, si lava con acqua e non lascia segni…é una bella novità vero? Sulle imbarcazioni può chiudere una falla, riparare una crepa, persino immobilizzare un arto fratturato…non perché sono un tecnico dell’azienda, ma e’ veramente formidabile: si chiama Kevlarsun… quattro anni di ricerca per metterlo a punto…pazzesco…e lo stiamo lanciando solo quest’anno! Fanjul lo guardava, ma nel cervello sentiva dei rapidi “crit crit crit”…il rumorino che fa il computer quando milioni di bytes del disco fisso si scaricano sulla “memoria attiva”. L’uomo continuava a parlare, adesso stava ridendo “…e, pensi lei, dei ragazzi hanno fatto uno scherzo ad un’amica che prendeva il sole…che dritti! Mentre dormiva l’hanno immobilizzata supina sul ponte, con una mezza cintura in vita…le risate!” Fanjul non ebbe più bisogno di pensare quando gli arrivò l’ultima frase. Il cervello scaricò di colpo tutti gli ultimi “crit crit… Gli cadde il sigaro dalle labbra…chiese solo :
Ma…non…non riusciva a liberarsi?
No – rideva – non una con un bel culo e la vita sottile! L’uomo teneva ancora la bottiglietta del liquido distaccante. Fanjul quasi gliela strappò di mano e lesse :
KEVLARSUN RELEASE AGENT
contiene dimetilformamide
Prodotto dalla “IACOCCA INSTRUMENTS” LOS ANGELES

Il giorno che andrai in giro a farti “squassare” e non mi racconterai niente, ti picchierò a sangue sul culetto – le aveva detto una volta Ferdy –
Beh! fallo forte! così mi “risquasso”!
Avevano riso…
Era quasi l’alba quando Iacocca era ritornato sullo scoglio, rientrando a Mahon da Cabrera… Versò un po’ di “release” sui lembi di Kevlar aderenti allo scoglio e staccò la cintura d’acciaio che circondava Katy con la forma esatta della vita, sulla schiena… Ma Katy era morta… Forse l’aveva schiaffeggiata troppo forte…sul culetto. In quel momento si rese conto di averla uccisa… Non l’aveva uccisa… Dopo le ore di ansia le ore di speranza le ore di sforzi le ore di odio le ore di rabbia le ore di dolore le ore estenuanti di sfinimento Katy si era arresa… poco per volta, sapendo che poteva vivere, se voleva, solo ore di attesa… ma a un certo punto non volle più… non volle più attendere niente.. uscì, con la mente, da quella maledizione, per entrare, a poco a poco, in un mondo di gioia.. la gioia di sapere, finalmente di sapere di “sapere amare”! La luna le apparve, per la prima volta, chiaramente, non come una facciona insulsa… Per la prima volta vide, nettissimi, luminosi, il profilo di lei, il profilo di lui e il loro bacio… Con la guancia dolente sullo scoglio, chiuse gli occhi e si immerse in una avvolgente profondità azzurra, l’azzurro degli occhi di José… e comincio’ a respirare dentro le piccole onde che le arrivavano alle labbra… ..sicura di se stessa, più che sicura …con tutta la certezza del suo orgoglio. Nessuno al mondo, nessuno di nuovo, nessuno ancora: nessuno l’avrebbe “squassata”… mai più

NOTA DELL’AUTORE

Esiste un brevetto di utilizzazione del sistema “bindella in fibra di Kevlar e prepolimeri acrilati polimerizzabili a luce solare”: dello scrivente.
“… se non diremo cose che a qualcuno dispiaceranno, non diremo mai la verità!”

Albert Schweitzer

La penna corrosiva di Frank Peer Underall ci ha abituato, con i suoi “pensierini in 3D”, ad andare al di là delle apparenze, scandagliando gli aspetti più oscuri del mondo della verniciatura con uno sguardo a volte cinico, a volte ironico, ma comunque sempre lucido ed acuto, che solo un profondo conoscitore del settore può avere. I giudizi sferzanti e crudeli sulle debolezze del mercato delle vernici e degli uomini che lo animano, non sono però mai riusciti a nascondere la profonda passione, che il nostro Frank trasudava in ogni articolo, per un mondo a cui ha dedicato tutta la sua vita professionale. Per questo gli abbiamo sempre lasciato “licenza di uccidere”, sia nella forma che nei contenuti: la stampa tecnica, piena di “ipocriti e sepolcri imbiancati” ha un estremo bisogno di voci fuori dal coro. Anche questa novella, pubblicata in esclusiva per i lettori di Professione Verniciatore, rientra in una sfera d’azione contro corrente. Perché non si é mai vista un’iniziativa del genere in una rivista tecnica (ma non si vive di sole vernici…), perché il linguaggio é crudo ed immediato e sulle riviste non si scrivono mai “parolacce” (mentre tutti le usano normalmente), ma soprattutto perché i tecnici, di solito, parlano solo di tecnica e tutti si aspettano solo che risolvano i problemi di verniciatura (… e chi se ne frega del loro lato umano …!) Questo racconto potrà piacere o meno per il suo linguaggio, i suoi contenuti e la sua morale. A me é piaciuto soprattutto perché dimostra che dietro a un cervello da chimico esiste sempre un’anima da artista (basta avere il coraggio di tirarla fuori!).

Pierluigi Offredi