Quali sono le caratteristiche e i metodi di prova per verificare le proprietà antimicrobiche dei materiali? Confronto e differenze sulle vernici antibatteriche e antivirali.
Elena Conti – CATAS
PREMESSA
La ricerca di materiali potenzialmente asettici da impiegare non solo in ambito sanitario, ma anche in ambito domestico, da diversi anni spinge il mercato e la ricerca verso lo sviluppo di trattamenti che conferiscono proprietà antimicrobiche a diversi materiali, quali plastiche, tessuti, vernici, fibre.
Questa tendenza ha subito un’impennata come conseguenza dell’emergenza COVID-19, con un riflesso immediato sulla richiesta di prove di laboratorio per valutare le proprietà antibatteriche dei materiali. A questo proposito è importante sottolineare la differenza tra “antibatterico” e “antivirale”.
ANTIBATTERICO E ANTIVIRALE
Le proprietà antibatteriche dei materiali si esplicano mediante il controllo della proliferazione dei batteri attraverso vari meccanismi che interferiscono con le loro funzioni metaboliche.
Per valutare le proprietà antibatteriche dei materiali, li si contamina con sospensioni di ceppi microbici selezionati e, dopo un tempo stabilito, si quantifica la mortalità microbica dovuta al contatto con il materiale.
La maggior parte degli agenti antibatterici impiegati nei diversi materiali agisce a livello della membrana cellulare, che è l’organo attraverso cui i batteri svolgono importanti funzioni metaboliche. Pertanto, testando un solo ceppo per ciascuno dei due gruppi in cui si classificano i batteri per le caratteristiche della loro membrana cellulare (Gram positivi e Gram negativi), si può ottenere una buona indicazione dell’efficacia di un antibatterico su un ampio spettro di batteri.
IL TEMPO DI VITA DEI VIRUS
Sebbene i virus non siano in grado di proliferare su alcuna superficie esterna alla cellula ospite, possono rimanere vitali o infettivi su metallo, vetro, legno, tessuti e superfici in plastica per diverse ore o giorni.
Benchè sia relativamente facile inattivare i virus all’esterno dell’organismo ospite, usando disinfettanti e detergenti comuni, che distruggono la delicata capsula virale, la possibilità di ottenere trattamenti superficiali capaci di inattivare le particelle virali per semplice contatto con la superficie ha stimolato la ricerca e l’attività normativa.
In questo articolo non tratteremo dei metodi di prova per valutare le proprietà antivirali dei materiali, in quanto esulano dalle nostre competenze. A solo titolo informativo, si citano due recenti metodi di prova per valutare le proprietà antivirali di plastiche (ISO 21702:2019 Measurement of antiviral activity on plastics and other non-porous surfaces) e di tessuti (ISO 18184:2019 Textiles – Determination of antiviral activity of textile products).
Entrambe le norme evidenziano che, data l’elevata specificità individuale, i risultati ottenuti con un ceppo virale non possono essere estrapolati ad altri virus.
MATERIALI ANTIBATTERICI E MATERIALI RESISTENTI ALL’AZIONE DI BATTERI
Un’altra importante distinzione va fatta tra i materiali antibatterici e quelli resistenti all’azione di microorganismi.
Nel primo caso il materiale esplica una funzione biocida, uccidendo attivamente i batteri che vi si depositano; nel secondo caso le proprietà del materiale, intrinseche o indotte da un trattamento, determinano la resistenza del materiale stesso al deterioramento ad opera di microorganismi.
La definizione “biostatico” si collega maggiormente alle caratteristiche di resistenza del materiale, che non supportando la crescita microbica, non consente la proliferazione dei microorganismi. Tuttavia, la distinzione tra funzione biocida e funzione biostatica è considerata da alcuni solo in termini di efficienza, per cui un agente che sia in grado di controllare parzialmente la proliferazione microbica, ma non di abbattere significativamente la popolazione microbica, può definirsi biostatico, ma non biocida.
Le proprietà antibatteriche si determinano dopo un breve tempo di contatto del materiale con gli organismi di prova (16-24 ore). La verifica delle proprietà di resistenza al deterioramento microbico richiedono tempi di prova molto più lunghi (4 settimane o più).
METODI DI PROVA A CONFRONTO
La tabella 1 riporta i principali metodi normati a livello nazionale e internazionale, che permettono di valutare le proprietà antibatteriche di diversi materiali, cioè il grado di abbattimento della carica microbica inoculata dopo un breve tempo di contatto (16-24 ore) con il materiale. I metodi elencati in tabella sono intesi a valutare l’efficacia di un additivo antibatterico incorporato nel materiale di prova, e non le proprietà antibatteriche intrinseche del materiale. La misura dell’attività antibatterica del materiale di prova è possibile solo per confronto con un materiale analogo, ma non additivato.
Nella tabella 2 sono invece elencati i principali metodi di prova intesi a valutare la resistenza dei materiali al degrado biologico operato da microorganismi come batteri, funghi, muffe, alghe. I metodi sono applicabili sia a materiali che contengano un additivo antimicrobico, sia a materiali di cui si voglia valutare la resistenza intrinseca al deterioramento biologico.
MATERIALI ANTIBATTERICI E REGOLAMENTO BIOCIDI UE 528/2012
Un’ultima considerazione riguarda la classificazione come articoli trattati dei materiali con proprietà antimicrobiche, in riferimento al Regolamento Biocidi UE 528/2012.
Secondo il Regolamento, rientrano nella categoria articoli trattati i materiali che contengono biocidi allo scopo di preservarne nel tempo la funzionalità, ad esempio arredi in legno da giardino trattati con preservante, vernici in latta che contengono un preservante del film, tessuti con finissaggio antimuffa. Inoltre, il materiale che ha come funzione principale quella determinata dalla sua natura (ad esempio un rivestimento superficiale, un tessuto da arredo o da abbigliamento, una vernice), ma che contiene principi attivi per il controllo della proliferazione microbica come caratteristica aggiuntiva, è classificato come articolo trattato con funzione biocida.
Entrambe le tipologie rientrano nell’articolo 58 del Regolamento UE 528/2012, con i conseguenti obblighi di etichettatura e verifica che i principi attivi utilizzati per conferire le proprietà antimicrobiche siano tra quelli approvati per l’uso.
DUBBI E FAQs
Posso fare il test (ISO 22196) su un film non trattato con antibatterici? In questo caso cosa si usa come riferimento?
No, il metodo ha per scopo la valutazione dell’efficacia di un additivo antibatterico incorporato nel materiale in prova, che si calcola per confronto tra materiale additivato (campione) e non additivato (riferimento).
Se il materiale di controllo provoca un abbattimento della carica microbica paragonabile a quella del materiale trattato con additivo antibatterico, si può dedurre che il materiale è antibatterico a prescindere dalla presenza di un additivo?
No, il metodo (ISO 22196) non consente di giungere a questa conclusione. L’effetto antibatterico del materiale di controllo potrebbe essere dovuto a un artefatto, per esempio alla saturazione del microambiente in cui si svolge la prova con composti volatili emessi dal materiale che risultino tossici per i batteri nelle condizioni di prova, ma non nelle normali condizioni d’uso del materiale stesso. Per questo motivo l’esito della prova è nullo qualora il materiale di controllo non consenta il recupero di un numero significativo di cellule vitali.
Dal test (ISO 22196) si ottiene R (valore di attività antibatterica): ma qual è il valore limite di R per dire che il materiale è antibatterico?
Il metodo non specifica un limite. In teoria qualunque valore maggiore di 0 indica una qualche efficacia. Il Metodo JIS Z 2801, da cui l’ISO 22196 è derivato, specifica un risultato di R maggiore o uguale a 2 per poter definire efficace il prodotto antibatterico.
Il metodo ISO 20743, riferito a prodotti tessili, definisce l’attività antibatterica “significativa” per valori compresi tra 2 e 3, “forte” per valori maggiori di 3.
Se il valore di R è diverso per i diversi batteri testati, quale valore si considera significativo? Il migliore o il peggiore?
Nelle prove biologiche in cui si usano diversi organismi di prova, in genere viene considerato critico il risultato peggiore. Quindi per poter affermare che il materiale è antibatterico, occorre che sia efficace sia verso la specie rappresentativa dei batteri Gram (+), sia verso quella rappresentativa dei Gram (-). Altrimenti occorre specificare che l’attività antibatterica è limitata ad alcuni tipi di batteri.
Esiste un metodo di prova per classificare un materiale come Antibatterico / Batteriostatico / Non Antibatterico?
Occorre distinguere tra effetto antibatterico, inteso come azione biocida nei confronti dei batteri, che si esplica in tempi brevi, ed effetto batteriostatico, inteso come capacità del materiale di contrastare la crescita microbica, in genere per il fatto che il materiale stesso non costituisce un buon substrato per il metabolismo microbico. Quest’ultimo effetto si valuta in tempi molto più lunghi. Quindi non si può ricavare da un unico metodo di prova una classificazione del tipo antibatterico/batteriostatico.
Che differenza c’è tra i metodi ISO 22196 e ISO 846?
L’ISO 22196 valuta le proprietà antibatteriche del materiale, cioè l’efficacia di un agente biocida incorporato nel materiale o presente come trattamento superficiale.
L’ISO 846 valuta la resistenza del materiale al deterioramento ad opera di batteri o funghi.